![Hungary's Prime Minister Viktor Orban listens during a debate concerning Hungary's situation as part of a plenary session at the European Parliament on September 11, 2018 in Strasbourg, eastern France. (Photo by FREDERICK FLORIN / AFP) (Photo credit should read FREDERICK FLORIN/AFP/Getty Images)]()
Viktor Orban, il più popolare tra i Popolari, la calamita di una nuova possibile alleanza di destra che va dall'ala più radical del Ppe alla Lega di Matteo Salvini e gli altri sovranisti in vista delle europee del 2019: su di lui a Strasburgo si consuma forse l'ultimo atto dell'Unione Europea come l'abbiamo conosciuta finora.
Il Parlamento si riunisce in plenaria per discutere la messa in stato di accusa del governo Orban per violazione dei diritti fondanti dell'Unione. Un dibattito all'ultimo sangue che porta al pettine tutti i nodi europei: domani si vota e i numeri sono incerti. Contro Orban ci sono i socialisti, i liberali dell'Alde, il Gue i Verdi e anche il M5s. Il Ppe è spaccato e concederà una disarmante libertà di scelta, con Forza Italia che però ha già deciso si accoda alla Lega: in difesa di Orban. Su Orban si divide dunque l'alleanza italiana gialloverde, ma soprattutto si graffia il volto dell'Unione Europea in maniera indelebile, come mai era accaduto finora.
"Voteremo in difesa di Orban, l'Europarlamento non può fare processi ai popoli e ai governi eletti", dice Salvini seguendo il dibattito dall'Italia e citando così il cuore dell'arringa di Orban, l'alleato nel Ppe che il leader leghista ha incontrato a Milano quest'estate, il suo 'gancio' tra i Popolari per cercare una maggioranza filo-sovranista nel prossimo Parlamento europeo. "L'obiettivo è quello. Lavoriamo per quello. Vogliamo finalmente allontanare la sinistra dal malgoverno europeo. Cancellare il duopolio socialisti-democristiani", dice ospite a 'Porta a porta'.
"Questa non è una condanna del governo, ma dell'Ungheria", si difende il premier ungherese in plenaria a Strasburgo. "Deviare così dalle accuse è da vigliacchi, da codardi!", gli risponde Frans Timmermans, il commissario Ue cui tocca il compito di illustrare all'aula la scelta convinta di Palazzo Berlaymont di appoggiare il processo europeo a Orban.
L'ungherese resta impassibile seduto al suo banco. "L'Ungheria da mille anni è membro della famiglia dei popoli, con il suo lavoro e col suo sangue ha contribuito alla storia di questa magnifica Europa, ha combattuto l'esercito sovietico e ha pagato forte scotto per la democrazia europea...". E questo è l'altro punto: chi attacca Orban è un comunista, più o meno è questo il senso, ed è "venduto a Soros", come recitavano i titoli della stampa ungherese filo-governativa.
Tutto nasce dalla relazione di Judith Sargentini, 44 anni, olandese, eurodeputata dei Verdi, relatrice del rapporto sull'Ungheria già approvato a giugno dalla Commissione Libertà civili di Strasburgo. "L'Ungheria ha imbavagliato i media indipendenti, limitato il settore accademico, ha sostituito i giudici indipendenti con giudici più vicini al regime, ha reso la vita difficile alle ong. Nulla è migliorato da quando questa relazione è stata votata a giugno, anzi", dice Sargentini in aula esponendo la sua relazione. "Noi tutti abbiamo il compito di tutelare i cittadini europei per farli vivere nei valori della solidarietà, della parità tra uomini e donne, giustizia, come dice l'articolo 2. Quindi si deve agire ed è giunto il momento di operare una scelta importante".
Domani la scelta è nelle mani degli eurodeputati. Dovranno decidere a maggioranza dei due terzi se attivare l'articolo 7 del Trattato dell'Unione. Il che significa sanzioni per il governo di Budapest, tra cui anche quella di togliere all'Ungheria il diritto di voto in consiglio europeo pur continuando a versare la propria parte di contributi per l'Ue. Ma stavolta, a seconda degli schieramenti, si decide il futuro dell'Unione: Orban di fatto è l'argine tra il passato e un futuro che incombe. In plenaria il dibattito conosce picchi tra lo storico e il filosofico. "Stalin pensava di fermare i fiumi, ma il vento è impossibile fermarlo. C'è un vento di cambiamento in Europa, lo si è visto anche in Svezia alle politiche di domenica: voi volete fare dei trattati uno strumento di polizia per dividere l'Europa...", dice Marek Jurek, eurodeputato del Ppe polacco filo-Orban.
In plenaria il premier ungherese è un fiume in piena: "Difenderemo le nostre frontiere anche contro di voi se sarà necessario. Abbiamo deciso di difendere l'Ungheria e l'Europa e non accettiamo che le forze pro-migrazione ci ricattino". Gode degli interventi a favore. Tra gli altri pure l'eurodeputato leghista Mario Borghezio, che nel 2013 fu espulso per razzismo dal gruppo Efd. Lui scomoda addirittura la storia: "Presidente Orban, la sua battaglia è degna di quella contro i carrarmati russi del '56 in Ungheria".
"Mr. Orban, per fortuna c'è chi vi difende da questi atteggiamenti di bullismo così estremo!", questo è 'Mr.Brexit' Nigel Farage. "Stanno adottando la dottrina di Breznev sulla sovranità limitata. Ma lei è stato coraggioso contro Soros che ha speso denaro per promuovere l'immigrazione clandestina nel vostro paese e lei gli ha chiuso la fondazione... Venga anche lei nel club della Brexit: le piacerà tantissimo!".
Una delle accuse mosse contro Orban riguarda la legge varata contro le ong che si finanziano con fondi stranieri, finita anche nel mirino nell'ultimo report di Amnesty International che, tra le altre cose, accusa l'Ungheria di "repressione sistematica dei diritti di rifugiati e migranti". Ma per i sovranisti in plenaria queste denunce sono nulle: non valgono di fronte al consenso di cui gode Orban e di cui "non gode Timmermans", per esempio, come fa notare lo stesso Farage.
"Avere la maggioranza in democrazia non vale per legittimare qualsiasi tipo di azione", alza la voce il co-presidente del gruppo dei Verdi Philippe Lamberts. Un'argomentazione che per la verità arriva anche dagli anti-Orban nel Ppe. Per esempio, Anna Maria Corazza Bildt, eurodeputata dei Moderaterna, partito svedese di centrodestra che fa parte del Ppe al pari di Fidesz, il partito di Orban: "La democrazia è qualcosa di più che vincere le elezioni: la retorica altisonante e la negazione della realtà non ci aiutano ad andare avanti insieme. La 'democrazia illiberale' – aggiunge citando un'espressione di cui Orban si pregia - non esiste. Al di là della democrazia liberale ci sono solo i regimi. Ora lei vuole esportare il suo modello, diffondendo la 'salvinite', il virus di cui soffre oggi l'Italia, insieme agli Sverigedemokraterna (il Partito democratico svedese di estrema destra) e persino a Vladimir Putin: cattive compagnie".
Pure il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz propende per il voto a favore della relazione Sargentini, eppure lui è un interlocutore di Salvini e dei sovranisti. Ma in tutti i paesi europei il Ppe ancora si sta giocando le sue carte con la 'nuova destra' che avanza, nel dilemma tra alleanza o competizione.
In Italia, Forza Italia ha sciolto la riserva da un pezzo: con Salvini, con Orban. In plenaria, l'eurodeputata Elisabetta Gardini la spiega così: "Rischiamo di aprire il vaso di Pandora, è rischioso quello che stiamo facendo: allora perché non Malta o la Slovacchia o la Romania?".
La risposta arriva subito dopo dalla stessa Sargentini in chiusura di dibattito. "La Romania è nell'ordine dei lavori per la prossima volta, c'è già una proposta dei Verdi. E la commissione andrà a Malta (per l'omicidio della blogger Daphne Caruana Galizia, che ha agitato una coltre di sospetti sul governo Muscat, ndr.) e in Slovacchia per gli episodi di corruzione...".
Ma è proprio questo il punto, per la Lega almeno. Ci pensa l'eurodeputata del Carroccio Mara Bizzotto a esprimere il timore che dopo Orban possa toccare a Salvini: "Questa Europa delle lobby, delle banche e dei finanzieri alla Soros oggi attacca Orban e l'Ungheria, domani attaccherà l'Italia di Matteo Salvini. Coraggio, presidente Orban, noi siamo al suo fianco. E insieme, dopo le elezioni del 2019, costruiremo un nuova Europa, dei popoli, delle patrie e della libertà".
Domani il voto. Lo strascico sull'Unione rischia di essere pesante comunque vada: sia che passi la relazione Sargentini, sia che venga bocciata. E c'è da considerare la coda italiana di questo dibattito. Gli eurodeputati del M5s non sono in aula quando parla Orban, tranne Massimo Castaldo che non applaude. "Ci rammarichiamo del loro silenzio in aula", dice in una nota la capodelegazione degli eurodeputati Pd Patrizia Toia.
Il gruppo pentastellato ha deciso di votare contro il premier ungherese, di fatto contro l'alleato Salvini. Ma non senza preoccupazioni per il rischio di subire la propaganda leghista in Italia, quella che miete consensi. In una nota ufficiale, il gruppo cinquestelle di Strasburgo prova ad argomentare: "Orban è uguale a Merkel e Macron. Hanno lasciato sola l'Italia perché non aprono i loro porti e confini. Il M5s difende gli interessi degli italiani".
In aula invece Orban si inchina a Salvini: "Mi tolgo il cappello di fronte a quanto sta facendo l'Italia". Certo, tatticamente, l'ungherese traccia un po' di distanze perché domani gli servono più voti possibili dal Ppe: "Il mio rapporto con Salvini non ha un rapporto partitico", dice. Ma l'asse da Budapest a Roma è inscalfibile e se ne infischia dell'Ue quanto dei 5s. "Collaboriamo a livello di governi – continua Orban in conferenza stampa a Strasburgo - Salvini è il ministro degli Interni in Italia ed è molto deciso e risoluto a proteggere le frontiere. Come premier ungherese anche io ho iniziato a lottare contro l'immigrazione illegale sul continente, Salvini potrebbe farlo alle frontiere del Mediterraneo. Io lo appoggio al 100%".