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Giorgio Napolitano vede Enrico Letta: fiducia l'11/12. Ma il vero test è tra Renzi-Alfano sulla legge elettorale

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Il passaggio parlamentare per rimarcare la nascita della nuova maggioranza di governo ci sarà, completo di voto di fiducia, già la prossima settimana. Giorgio Napolitano ne parla per circa un’ora con Enrico Letta, ricevendolo al Quirinale nel pomeriggio. La richiesta di Forza Italia, che passata all’opposizione chiede un test del governo in aula, è accolta. Le date verranno concordate con i presidenti delle Camere ma a Palazzo Chigi ipotizzano che il nuovo voto di fiducia ci sarà mercoledì 11 dicembre. Prima però, lunedì 9 o martedì 10, il capo del governo farà un punto con il nuovo segretario del Pd che verrà deciso alle primarie dell’Immacolata. Probabilmente Matteo Renzi, nuovo interlocutore politico di Palazzo Chigi e del Quirinale in quanto ‘garante’ del governo in carica. Tuttavia Letta lascia il Colle con la consapevolezza che il vero test del governo non sta nella fiducia dell’11 – in fondo, una passeggiata – bensì nella ricerca di una mediazione tra Angelino Alfano e il sindaco di Firenze, due ‘alleati’ di maggioranza divisi dalla legge elettorale nonché dalla prospettiva sul governo: il primo interessato ad una legislatura lunga per costruire il suo neonato Ncd, il secondo determinato a chiedere la riforma elettorale subito. Distanze che si misurano particolarmente oggi, dopo l’ennesimo flop in commissione a Palazzo Madama (leggi qui): Alfano è furente, quasi pentito della scissione con Berlusconi; Renzi invece esulta, i suoi la vedono come la sua “prima vittoria romana”, perché – spiegano - questo ulteriore fallimento elimina ogni alibi e ora “la riforma verrà spostata alla Camera, dove abbiamo la maggioranza e potremo impostare un sistema bipolare secco”.

Probabilmente l’11 si voterà nella stessa giornata, prima alla Camera e poi al Senato, così come è avvenuto il 2 ottobre scorso (quando però si votò prima a Palazzo Madama e poi a Montecitorio). Le modalità verranno concordate con i presidenti delle Camere dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini. Si tratta di dettagli, però, una formalità. Perché, al netto del confronto da aprire e costruire con Renzi, al netto del dualismo tra lui e Alfano, Napolitano e Letta hanno chiuso l’incontro di stasera su un assunto che per loro è di sostanza. Cioè il fatto che, anche se si è acconsentito al nuovo passaggio in Parlamento, quello in carica è un governo nel pieno dei suoi poteri, ha appena ricevuto una fiducia fresca fresca di voto sulla legge di stabilità e domani ne riceverà un’altra a Montecitorio sul decreto sulle missioni militari all’estero. In più, si sottolinea e non a caso nella nota del Quirinale, la prova della fiducia post-primarie avverrà già la settimana prossima anche se il Parlamento è in piena sessione di bilancio, con l’esame della legge di stabilità appena avviato alla Camera. E’ un modo per escludere qualsiasi ipotesi di dimissioni di Letta e apertura formale della crisi, come invece hanno chiesto da Forza Italia. Ma è un modo – magari scaramantico – per sottolineare che l’esecutivo è in salute, la sua azione non si ferma per un voto di fiducia: prego, astenersi critici e attacchi polemici.

Ma se il passaggio dell’11 viene presentato quasi come un test burocratico per il governo, cioè una prova dalla riuscita certa, l’attenzione politica è concentrata sul confronto tra Letta e Renzi, subito dopo le primarie. Tra Palazzo Chigi e Quirinale hanno annotato con preoccupazione l’ennesimo flop sulla legge elettorale oggi in Senato, dove la Commissione Affari Costituzionali ancora una volta non è riuscita a esprimere un voto sull’ordine del giorno che ripristina il Mattarellum. E’ stato un altro mancato segnale da parte del Parlamento alla vigilia della sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso anti-Porcellum. Non proprio un bel colpo per il governo e per una legislatura che così si espone di nuovo alle critiche dei renziani sull’inefficienza della maggioranza. E infatti i fedelissimi del sindaco già cantano vittoria, certi che ormai nessuno potrà dire di no alla loro richiesta che la legge elettorale passi alla Camera, “dove abbiamo la maggioranza e possiamo impostare un impianto seccamente maggioritario”.

Ed è proprio questo il timore che collega il Quirinale a Palazzo Chigi, dove Letta si troverà a dover mediare tra le richieste del bipolarista Renzi interessato ad approvare subito una legge elettorale, e quelle di Alfano, fresco di scissione e interessato invece ad allungare i tempi prima di superare il Porcellum e dichiarare finita la legislatura. Più che di fiducia, il test vero della prossima settimana è l’assestamento dell’agenda con Renzi e gli altri interlocutori di maggioranza. Su questo Letta costruirà il suo discorso programmatico in aula, che però – sia chiaro – ha contorni temporali che sono più vicini ai desiderata di Alfano che a quelli di Renzi. Cioè, come il premier ha sempre detto, l’azione del governo dovrà coprire tutto il 2014, incluso il semestre italiano di presidenza europeo. La prospettiva è stata confermata nel faccia a faccia con Napolitano. Quanto ai contenuti: Europa, lavoro, riforme (lo abbiamo raccontato qui). Ma a questo punto il terzo capitolo andrà definito con il nuovo segretario del Pd, anche alla luce dei risultati delle primarie domenica prossima.

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