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I titoli di Bio-on sospesi a tempo indeterminato dalla Borsa

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Borsa Italiana ha reso noto che i titoli di Bio-on “sono sospesi a tempo indeterminato dalle negoziazioni”. La decisione arriva dopo che la procura di Bologna ha emesso una serie di misure cautelari nei confronti del gruppo della bioplastica e dei suoi vertici, accusati di manipolazione di mercato e false comunicazioni sociali.


Scopre il tumore al seno grazie all'attrazione di un museo: "Mi ha cambiato la vita"

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Ha scoperto di avere un tumore al seno grazie a un’attrazione turistica. È accaduto a Edimburgo al World of Illusions: la 41enne Bal Gill a maggio era andata a visitare il museo insieme alla sua famiglia. Come riporta la Bbc, passando nella stanza dove è posizionata la fotocamera termica, che grazie a differenti tonalità permette di vedere come cambino le immagini a seconda della temperatura corporea, Gill ha notato che il suo seno sinistro aveva un colore diverso da quello destro.

“Quando siamo entrati nella stanza, abbiamo iniziato a muovere le braccia per vedere le immagini create  e mentre lo facevo, ho notato una “zona calda” nel mio seno sinistro, che nessun altro presente nella stanza aveva. Trovandolo strano, ho fatto una foto e ho poi continuato la visita al museo”, ha raccontato la donna alla Bbc. 

Gill una volta tornata a casa dopo aver fatto alcune ricerche su internet, ha fatto vedere la foto al suo medico, che gli ha diagnosticato il tumore al seno: un carcinoma mammario allo stadio iniziale.  “Senza quella termocamera non lo avrei mai scoperto e anche se lo scopo per il quale è stata messa lì non era ovviamente quello, posso dire che la visita alla Camera Oscura mi ha davvero cambiato la vita”, ha spiegato la donna, madre di due figli. 

La storia di Bal Gill è stata utilizzata dalla a dottoressa Tracey Gillies, direttore medico dell’Nhs Lothian, che gestisce la sanità nella capitale scozzese, come monito per ricordare alle donne quanto sia importante sottoporsi ai dovuti controlli: “In passato si è provato a sperimentare l’utilizzo delle fotocamere termiche per rilevare i tumori, ma non è mai stato dimostrato che potessero essere usate come screening. Di certo, la diagnosi precoce di cancro al seno migliora la capacità di curarlo e aumenta le possibilità di sopravvivenza, quindi incoraggiamo tutte le donne a sottoporsi allo screening preventivo”, ha detto. 

Johnny Depp e Amber Heard: ora l'attore deve portare in tribunale le sue cartelle cliniche

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È una battaglia legale che non ha fine quella tra Johnny Depp e la ex moglie Amber Heard. Ora, all’attore hollywoodiano è stato chiesto di presentare le sue cartelle cliniche al giudice per documentare e certificare i trascorsi con l’abuso di alcol e droghe. Queste cartelle verranno poi esaminate nella causa di diffamazione da 50 milioni di dollari (44 milioni di euro circa) intentata da Depp contro la protagonista di “Aquaman”. A riportare la notizia è il Daily Mail

La richiesta da parte del giudice arriva che gli avvocati dell’attrice, il 18 ottobre, hanno avuto il permesso di verificare se l’attore potesse aver abusato di altre partner in passato. Gli avvocati dell’attrice sostengono infatti che il consumo di alcol e droghe abbia potuto in qualche modo alimentare la violenza di Depp e quindi sia rilevante per il caso. 

I due ex coniugi erano arrivati a un accordo di separazione extragiudiziale (firmato da entrambi nell’agosto 2016) in cui è stato dato a lei un assegno da 7 milioni di dollari, poi donati in beneficenza. Ma a quanto pare la vicenda legale non è ancora finita.

L’avvocato di Amber Heard J. Benjamin Rottenborn ha dichiarato il mese scorso: “Depp non può cercare di contestare la verità delle accuse della signora Heard riguardo al suo comportamento violento e offensivo mentre è ubriaco e poi rifiutare di presentare le prove che confermino la verità di tali accuse per motivi di privacy”. 

Secondo quanto riporta il Daily Mail, il divo avrebbe già acconsentito a presentare questi documenti, che saranno depositati in giudizio entro il 15 novembre prossimo. 

Tra le partner precedenti di Depp c’è Vanessa Paradis, la madre dei suoi due figli, che in precedenza aveva parlato in difesa di lui, definendo le accusate di violenza presentate nei suoi confronti “scandalose”. 

Total black, pizzi e labbra carminio: Maria Elena Boschi incanta tutti sul red carpet a Roma

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Elagantissima e total black: ecco Maria Elena Boschi sul red carpet della Festa del Cinema di Roma. La capogruppo di Italia Viva ha presenziato alla proiezione di “The Irishman” sfoggiando un completo nero, con blusa e pantalone alleggeriti da pizzi e piccole trasparenze.

VIDEO - Maria Elena Boschi sul red carpet della Festa del Cinema  

 

La politica ha incantato i presenti, mentre sfilava sul tappeto rosso, poco prima di assistere all’anteprima della nuova pellicola del regista Martin Scorsese con Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci (disponibile dal 27 novembre su Netflix).

Maria Elena Boschi è andata sul sicuro. Il total black, infatti, applicato all’abbigliamento o agli accessori rende eleganti in un batter d’occhio. Quel mix tra raffinatezza e mistero ha esaltato la chioma color miele della politica, apparsa ancora più raggiante grazie alla tonalità di rossetto scelta: un classico rosso, che ben contrastava con l’uniformità cromatica dell’outfit.

Il sottosegretario Turco: "Taranto immagini un futuro senza Ilva"

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Il sottosegretario Mario Turco - lo stabilimento ex Ilva

“Taranto può e deve pensare al suo futuro senza vederlo legato allo stabilimento dell’ex Ilva”. A dirlo, in un’intervista al Foglio, è Mario Turco, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega alla Programmazione economica e agli investimenti, secondo cui occorre “un accordo di programma per la riconversione economica e industriale della città”.

Si legge sul quotidiano:


“L’Ilva è stata un risorsa nei decenni passati, certo, ma da ormai troppo tempo è piuttosto un incentivo alla paralisi economica della città. Quello stabilimento non ha prodotto un effetto moltiplicatore positivo né sul piano sociale né su quello industriale”, afferma Turco. “Anziché pensare solo all’acciaieria, la mia città deve puntare su uno sviluppo delle infrastrutture e sull’autonomia universitaria”.
E ancora: “Si può scommettere sulla cantieristica navale, Fincantieri potrebbe occupare alcuni degli spazi oggi in dotazione all’acciaieria”. Il sottosegretario continua: “E poi, sempre in quell’area, si può favorire la nascita di una piattaforma logistica dell’agroalimentare, fare insomma dei grandi padiglioni fiera per attrarre capitali stranieri grazie alla risorsa più importante del territorio”.


Con la soppressione dello scudo penale per ArcelorMittal ”è stato ripristinato lo stato di diritto”, dichiara Turco. “Sulla reale intenzione dell’azienda di rilanciare lo stabilimento nutro da tempo le mie perplessità. Il mercato dell’acciaio è in forte crisi e il sospetto è che Mittal voglia, più che altro, evitare che quello stabilimento venga rilevato da suoi concorrenti”. Quanto ai posti di lavoro, “i 15 mila dipendenti dell’Ilva non tornerebbero più. Al massimo, con la nuova gestione, si arriverebbe a 5 mila occupati”.

Roma, reagisce alla rapina e gli sparano alla testa: grave 25enne

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Un ragazzo di 25 anni è stato ferito da un colpo di pistola alla testa durante una rapina a Roma. È accaduto a tarda sera a via Teodoro Mommsen, in zona Caffarella.

A quanto ricostruito dai carabinieri, il 25enne era in compagnia della fidanzata quando due uomini si sono avvicinati alle spalle, hanno colpito la ragazza alla testa con un oggetto e rubato lo zaino e a un tentativo di reazione del giovane gli hanno sparato alla testa. Il ragazzo è stato operato e sarebbe in pericolo di vita.

Quando sono stati avvicinati alle spalle i due giovani, incensurati, si stavano dirigendo a piedi verso un pub. Entrambi soccorsi, sono stati trasportati in ospedale.

La ragazza, una 24enne di origini ucraine ma da tempo residente a Roma, ha riportato una contusione alla testa mentre il 25enne, italiano, è stato operato d’urgenza alla testa e sarebbe ancora in pericolo di vita. 

Sulla vicenda indagano i carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci. Infranto da un proiettile anche un vetro del pub dove i ragazzi si stavano dirigendo.

"Scenderanno spread e spesa per interessi", la risposta di Gualtieri all'Ue

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Roberto Gualtieri

“Confidiamo che i nostri sforzi di consolidamento fiscale e di riforma strutturale porteranno ad un’ulteriore riduzione dello spread, producendo risparmi di bilancio sulla spesa per interessi e un ulteriore miglioramento del saldo strutturale”. Lo scrive il Governo italiano alla Ue, in particolare il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

Ha navigato da Venezia a Genova con il suo cane: "Anche se sono paraplegico, al mare non rinuncio"

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Marco Rossato e il suo cane

Ha percorso 1.648 miglia lungo le coste italiane. Da Venezia a Genova. Insieme a lui, ad accompagnarlo, il suo cane “Muttley”. Un’impresa ardua, soprattutto perché Marco Rossato è paraplegico dall’età di 27 anni. Portando a termine la sua regata, è stato il primo velista disabile a circumnavigare l’Italia.  La sua storia la racconta il Corriere

La mobilità l’ha persa a causa di un’incidente in moto. Rossato ora ha 45 anni ed è velista professionista. La passione per il mare e per la navigazione non l’hanno mai abbandonato. 

“C’erano  prima dell’incidente in moto e non sono mai andati via. Dopo qualche mese di convalescenza, la prima cosa che ho fatto è stata quella di raggiungere la scuola di vela a Sabaudia, nel Circeo, dove Luigi Zambon stava allestendo la Tornavento, una barca da diporto progettata per chi ha disabilità motorie”, racconta al Corriere. 

Poi, nel 2018 la decisione di partire. Il suo viaggio è stato organizzato all’interno del progetto “TRI Sail4All”, ideato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle microplastiche. Ma l’ambiente non era l’unico motivo che ha spinto Rossato ad imbarcarsi. Gli obiettivi del 45enne vicentino erano diversi:  oltre a prelevare tre campioni di inquinanti ambientali da portare all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e documentare la quantità di plastica presente nei nostri oceani, intendeva verificare l’accessibilità dei porti. 

“Ho trovato ovunque un’ottima organizzazione. Certo, si potrebbero migliorare diversi aspetti, piccoli o grossi inconvenienti che, per esempio, mi hanno costretto a navigare anche per più di 48 ore consecutive. Senza potermi fermare”, spiega. 

Il momento più faticoso della sua traversata Rossato lo ricorda nitidamente. 

“A 500 metri dalla bocca del porto di Ravenna, vicinissimo agli scogli, mi sono ritrovato in mezzo a onde alte fino a due metri e mezzo. In quel momento, un’altra imbarcazione urtandomi ha fatto cadere in acqua il motore del mio trimarano: per fortuna l’avevo comunque legato con la cima di rispetto”. 

 

È già pronto per la prossima impresa. Sta ultimando i preparativi. A fine febbraio partirà insieme ad altri quattro velisti disabili per un viaggio di 8 mesi in cui circumnavigheranno le coste della Penisola. 

 


Haber commosso a Vieni da me: "Senza mia figlia sarei un uomo solo. Mia moglie? Felici di vivere in case diverse"

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“Mia figlia Celeste è la cosa più bella del mondo. Senza di lei sarei un uomo solo”, dice un commosso Alessandro Haber davanti alle telecamere di Rai Uno. L’attore, ospite di Caterina Balivo durante la trasmissione “Vieni da me”, si è confessato tra carriera e vita privata. 

Durante l’intervista, ha fatto il suo ingresso in studio Antonella Baravo, attrice moglie di Haber e madre della figlia Celeste. ”È una donna meravigliosa, una bravissima attrice. Ci siamo sposati l’anno scorso, ma siamo felici ognuno a casa propria. Siamo sempre insieme anche se viviamo in case separate. Non finirò mai di ringraziarla, mi ha regalato mia figlia Celeste”, ha raccontato l’attore.

Subito dopo, è stato mandato in onda proprio un videomessaggio di Haber e della Baravo: davanti al filmato, l’artista non ha saputo frenare la commozione. “Mia figlia Celeste mi rivolta come un calzino, non riesco a dirle di no. È stata una cosa inaspettata, che non avrei mai pensato. La sua nascita è stata incredibile”, ha raccontato emozionato Alessandro Haber. 

Ripercorrendo la sua carriera, l’attore ha ricordato la sua prima volta sul palcoscenico, quando era ancora bambino. “Ero un bambino ed era la mia prima volta su un palco teatrale. Dall’emozione mi sono fatto la pipì addosso: è arrivata fino alle prime file”, ha raccontanto Haber.

Bambina muore soffocata dal cibo in mensa. La madre: "Voglio capire cosa è successo"

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“Mia figlia stava bene, non riesco a darmi pace per quello che è successo”. Sono le parole disperate di Laura, madre della piccola Alessia, 8 anni. La bambina è morta dopo aver mangiato nella mensa della sua scuola, l’istituto comprensivo “eSpazia” di via Kennedy, nell’hinterland romano, soffocata probabilmente da un boccone di cibo. A riportare la tragica notizia è il Messaggero.

“I medici mi hanno detto che le hanno trovato qualcosa in gola, non credo fosse carne perché non l’hanno mangiata, forse è mozzarella o qualcos’altro. Ora voglio solo capire e trovare giustizia per mia figlia” ha spiegato, disperata, la madre di Alessia. 

Martedì 23 ottobre Alessia, appena dopo aver finito di mangiare nella mensa scolastica, è rientrata in classe con le sue compagne, ma lì ha cominciato ad accusare un malore, non riusciva più a respirare. Si legge sul Messaggero

Le maestre la soccorrono e chiamano il 118, che prima di arrivare sul posto, indicherà loro via telefono i passi da seguire per cercare di rianimarla: come fare il massaggio cardiaco e come liberare la sua gola da possibili oggetti o residui di cibo. Quando i sanitari entrano a scuola, trovano la piccola cianotica e priva di conoscenza. La rianimano meccanicamente e la intubano trasportandola all’ospedale di Monterotondo. Il cuore di Alessia torna a battere anche se le sue condizioni appaiono disperate. Per troppi minuti il suo cervello è rimasto senza ossigeno e quando arriverà in elicottero a Roma i medici che la prenderanno in carico capiranno da subito che il quadro celebrale è seriamente compromesso. 

Alessia è morta al Policlinico Gemelli di Roma ieri, mercoledì 23 ottobre. La Procura di Tivoli ha disposto l’autopsia sul corpo della piccola  e ha aperto un fascicolo, per ora senza ipotesi di reato, delegando i carabinieri a compiere ulteriori indagini. Il caso è ora nelle mani del pubblico ministero Andrea Calice. Ma le domande sono tante. Non è escluso che la piccola possa aver smesso di respirare per qualcosa che le si è fermato in gola, ma soltanto l’autopsia potrà chiarire le cause del decesso. Intanto le maestre della scuola sono già state ascoltate dagli agenti della polizia locale di Monterotondo, che martedì sono intervenuti non appena hanno sentito il suono dell’ambulanza.

Un autunno da leggere: 4 titoli che non potete assolutamente perdere

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Dall’estate all’appena iniziato autunno sono stati pubblicati una serie di libri (dal romanzo al saggio, fino a quei volumi atipici) che si sono distinti per una loro complessiva qualità letteraria. Qui, di seguito, un primo elenco.

La mente del corvo” di Bernd Heinrich (Adelphi)

Un volume che è una prodigiosa indagine avventurosa. Un voto personale e teologico all’intelletto dell’animale. Un assurdo atto di fede verso il loro ingegno spesso scientificamente inesplicabile. In sostanza, un innamoramento del cuore e della ragione nei confronti del corvo.

Il biologo-scrittore Heinrich ci catapulta così – con una lingua letteraria, diretta, superlativa - nell’esistenza dei corvidi. Un lavoro scientifico, ma anche spirituale, nell’esistenza di ogni giorno, nei luoghi, nei modi, e nelle gerarchie di tali uccelli geniali e brillantemente demonici. 

Marginalia” di Edgar Allan Poe (Adelphi)

Commenti minuti e malvagi, considerazioni occasionali, pensieri trascritti con la fluidità delle viscere e della competenza di scrittore di prim’ordine, critiche aspre e luciferine verso romanzi, saggi oppure verso stili, scrittori e poesie. Ma anche confessioni personali che si leggono come prove compatte e riassunte di un assoluto genio implacabile che non ha requie.

In “Marginalia” si ha il piacere assoluto di nutrirsi di un Edgar Allan Poe spontaneo, duro e senza filtri. Un libricino brillante. Una rarissima pietra aliena.

Al riparo” di Kirsty Logan (Bompiani)

Un libro atipico, inquietante e originale che è anche uno splendido oggetto, compatto e nerissimo; fronte-retro abbellito di bianchi e blu elettrici simboli astrali, e non solo. Emblemi che sono in verità una mappa geografica delle storie.

Le madri Ruth e Lisk parlano e sussurrano al grembo gravido. Capitoli dopo capitoli narrano – preparando “Coccola” con una sorta di micro prologo - fiabe grottesche, orrifiche e gotiche (stelle, streghe, orsi, lupi e così via), oppure accadimenti reali accorsi ma che suonano come moniti indispensabili e soprannaturali per l’avvenire della creatura.

“Al riparo” mi ricorda, per la bizzarra e sperimentale struttura costituita da una lingua ombrosa e visionaria, “E allora siamo andati via” di Michael Kimball e “Io sono febbraio” di Shane Jones.

Gli interessi in comune” di Vanni Santoni (Laterza)

Ritorna dopo undici anni, un romanzo di culto, capolavoro underground, di unita matrice “selbyana+carrolliana+burroughsiana+thompsoniana”, che ha consacrato (critici e lettori concordi) il grande talento di Vanni Santoni.

Quel libro che è, appunto, un’addizione nuova, carnevalesca e italiana di “Requiem per un sogno+Jim entra nel campo di basket+I ragazzi selvaggi+Screwjack”, dalla lingua furiosa e letteraria, sperimentale in ogni suo filtro immaginifico, spedita e dopata.

Dove i personaggi (Iacopo, il Malpa, il Mella, il Dimpe, Sandrone, il Paride), lungo dieci anni, in quella provincia toscana lurida, usuale e tuttavia stomaco creativo, accendono e ascendono le loro vite con le più disparate droghe – selezionate e accettate, ma mai indiscusse.

Tra bar e pub, e così via sempre più nell’inferico suburbano delle stazioni e dei viaggi. Ma anche e soprattutto delle stanze dedite al videoludico - assoluto atto di fede - e a quel comprendonio reciproco che nasce solo dall’essere esseri ontologicamente, e insieme illuminati, nell’assunzione dell’unico sacramento reale accessibile perché l’amicizia si riesca a fondare. Ovvero mangiare e spezzare insieme tutte le sostanze per elevarsi capiti e forse non infelici.

Manovra, Gualtieri risponde all'Ue: Stime prudenti e coperture certe

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CHIGI PALACE, ROME, ITALY - 2019/09/30: The Minister of Economy and Finance, Roberto Gualtieri, at the end of the Council of Ministers, speaks to a press conference about the note updating the Document of Economy and Finance (Def). (Photo by Cosimo Martemucci/SOPA Images/LightRocket via Getty Images)

Nessun colpo di testa o messa in pericolo dei conti: la cifra della prima manovra del governo giallorosso è la prudenza. Nelle sei pagine che compongono la lettera di risposta alla missiva inviata da Bruxelles al governo italiano per ottenere “ulteriori dettagli” sulla legge di bilancio, Roberto Gualtieri lo scrive in più passaggi. “Abbastanza prudenti” sono le stime contenute nel Documento programmatico di bilancio, cioè la cornice della manovra, e “caute” sono le previsioni di incasso da uno dei capitoli più delicati, quello della lotta all’evasione fiscale. La rassicurazione che il titolare del Tesoro fornisce a Bruxelles punta anche sulla certezza di tutte le coperture (alla lettera è allegata una relazione tecnica con i dettagli) e sul calo dello spread, ritenuto una leva per migliorare i saldi. 

“Caro Valdis, caro Pierre”, inizia così la lettera che Gualtieri ha inviato nella tarda serata di mercoledì al vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e al commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. Per il governo italiano, scrive il ministro dell’Economia, non c’è una “deviazione significativa” dei conti pubblici. Il deficit strutturale peggiora dello 0,1%, quando doveva invece migliorare dello 0,6%, ma il treno non sta andando fuori dai binari. Grazie alla flessibilità richiesta, pari a 14 miliardi, la manovra può assumere un carattere “moderatamente espansivo”, risultando coerente con le regole del Patto di stabilità, è il ragionamento che viene illustrato nella missiva. Le finanze, insomma, sono sostenibili e il debito pubblico è proiettato su una traiettoria discendente. 

Bruxelles ha chiesto al governo italiano chiarimenti sulle coperture della legge di bilancio. Gli introiti derivanti dalla lotta all’evasione sono da sempre nel mirino della Commissione e anche in questo caso l’Europa vuole vederci chiaro. Gualtieri risponde che si incasseranno 3 miliardi, una stima definita “prudente ma rigorosa”. Altra risposta che ha il tono della rassicurazione nei confronti dell’Ue è quella sulle pensioni. Per la stessa Europa, la riforma Fornero è un provvedimento che garantisce risparmi e sostenibilità alle finanze. Scrive il ministro dell’Economia: quota 100 “resterà in vigore fino al 2021, come originariamente previsto. Anche se questa politica comporta dei costi, non altera i pilastri chiave del nostro sistema pensionistico, come un’alta età pensionabile obbligatoria”. 

 

 

 

 

La sharia dei social e il coraggio di una madre

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In un periodo storico in cui l’incompetenza e l’ignoranza vengono contrabbandate come virtù, non deve stupire come l’essere dei personaggi noti precluda il diritto di poter soffrire senza essere oggetto delle invettive degli sciacalli da tastiera. 

Un popolo di insospettabili professionisti, casalinghe, insegnanti, tuttologi del nulla pronti a vomitare le proprie frustrazioni in rete. Nemmeno se una mamma offre il proprio essere un personaggio famoso per aiutare gli altri viene risparmiata dal tribunale digitale.

Non ho il piacere di conoscere personalmente Elena Santarelli, ma so per certo il deserto di dolore che ha attraversato dal giorno che a suo figlio è stato diagnosticato un tumore cerebrale

Notti insonni alla ricerca di una prognosi certa, con le speranze in un miracolo che si infrangono negli occhi definitivamente chiusi del bambino del letto accanto, ormai divenuto figlio adottivo di tutte quelle mamme che condividono lo stesso inferno.

Per poi, inevitabilmente, farsi trovare nuovamente pronte alle prime luci dell’alba a riprendere la lotta contro il mostro che vuole cancellare la loro ragione di vita, ingoiando le lacrime per regalare un sorriso di speranza al proprio figlio divorato dalla malattia. 

Eppure, nonostante questa mamma abbia dovuto lottare ogni istante con sé stessa per non essere sopraffatta dalla rabbia, per non cedere alla disperazione, la sharia dei social non ha perso occasione per colpirla nel suo massimo momento di fragilità, come un pugile che si accanisce contro l’avversario ormai steso a terra. 

Vanitosa, perché ha osato truccarsi per andare in televisione a raccontare la sua terribile esperienza. Una cattiva madre, perché ha pubblicato su Instagram una foto che la ritrae sorridente al mare con la figlia. Troppo ricca, troppo bella, troppo magra. 

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Bye bye summer 2019 until next year ➡️

Un post condiviso da Elenasantarelli (@elenasantarelli) in data:

Proprio per questo fa una certa impressione il parere della Procura di Roma che, con riferimento a un’altra coppia famosa (Fedez-Ferragni) sembra aver voluto annoverare gli insulti nell’ambito del legittimo diritto di critica, ritenendoli privi di offensività in quanto i social sono notoriamente popolati da soggetti più disparati, fuori controllo e, quindi, privi di credibilità.

Una tesi che certifica un impoverimento del linguaggio, orfano ormai di ogni approfondimento e conoscenza e che rende il racconto di “mamma Elena” un’occasione per riflettere su quanto siamo capaci di essere piccoli e meschini sotto questo cielo; offrendoci, al contempo, la possibilità di dare un reale contributo alla Associazione HEAL per la cura e la ricerca nell’ambito della neuro-oncologia pediatrica. Perché, come ricordato dall’autrice, con determinazione e gentilezza si può vincere.

Luigi Di Maio annuncia un evento in Umbria con gli alleati di Governo per spiegare la manovra

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NAPLES, ITALY - OCTOBER 12: Luigi Di Maio Minister of Foreign Affairs attends at

“Stiamo lavorando in queste ore per un evento domani in Umbria con tutti i rappresentanti di questa coalizione di governo, per spiegare la manovra”. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri e capo politico del M5s Luigi Di Maio, a margine di una visita al cantiere della Terni-Rieti.

“Inviteremo anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte - ha aggiunto parlando con i giornalisti - insieme al segretario del PD Nicola Zingaretti, al ministro della Salute Roberto Speranza e a chi vorrà partecipare. Anche Italia Viva, se vorrà”.

L’obiettivo dell’evento, di cui non si conoscono ancora i dettagli, ha spiegato il ministro, sarà “spiegare nei dettagli questa manovra, che mantiene la promessa di non aumentare l’Iva, abolisce il super ticket in sanità, istituisce un assegno unico per le famiglie che fanno figli e abbassa il cuneo fiscale”.

Sondaggio: Nicola Zingaretti leader per il 46% degli elettori del centrosinistra

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Democratic Party leader Nicola Zingaretti speaks to the media after consultations with Italian President Sergio Mattarella in the Presidential Palace in Rome, Italy, August 28, 2019. REUTERS/Ciro de Luca

Secondo un sondaggio Emg Acqua presentato ad Agorà, su Raitre, tra gli elettori di centrosinistra il 46% degli intervistati sceglie Nicola Zingaretti come leader di un’eventuale coalizione di centrosinistra. Segue Giuseppe Conte con il 25%, Matteo Renzi al 19% e Bersani al 7%.

Per lo stesso sondaggio, se si votasse oggi la Lega sarebbe il primo partito con il 33,6%, seguono il Pd al 19,4 e il M5S al 17,5%. Poi Fratelli D’Italia all′8,2%, seguita da Forza Italia con il 7%. Italia Viva è al 4,3%, Più Europa al 2,2%, La Sinistra 2,1%.


La brutta copia di Alberto Angela (cosa non si fa in campagna elettorale)

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Le prova proprio tutte, l’ex ministro della Propaganda. Dopo aver per anni incarnato il perfetto assaggiatore di sagre, fiere e feste, aspirante giurato a qualsiasi talent gastronomico (ma la trasmissione di riferimento sembra piuttosto la celeberrima “Man vs Food”, epica sfida dell’uomo ai piatti più enormi del pianeta e alla civiltà del colesterolo tutta), ora ci prova con uno dei capisaldi della televisione italiana.

VIDEO - Salvini abbraccia l’ulivo: “Quelli di sinistra ora faranno ironia...” 

 

Pensate che choc, vederlo uscire da uno degli alberi più belli del mondo, l’ulivo millenario umbro di Bovara, in perfetto assetto da “Ulisse” (mancava giusto la sigla). Didascalico, persino pedagogico, albertangiolesco fino alla parodia (e infatti i social si sono scatenati, con l’hashtag #AlbertoAngela. Che Apollo e Atena, dei della sapienza e della conoscenza, ci perdonino) l’ex ministro dei Condimenti, in missione Campagna (letteralmente) Elettorale Umbra, abbraccia l’ulivo, non senza averci prima fatto una lezioncina su tradizioni, cultura e usi locali, di cui i sovranisti e leghisti si sono proclamati protettori, citando il veneratissimo patrono Sant’Emiliano.

Ma, ahinoi, le copie non sono mai gli originali (figuriamoci le brutte copie). Se fosse stato davvero Alberto Angela, a uscire dall’ulivo e magnificarci le tradizioni locali dell’Umbria, ci avrebbe raccontato che Sant’Emiliano era armeno, e venne da molto, molto lontano per diventare vescovo e subire il martirio, nel 304. Perché all’epoca, caro ex ministro del Bignami, i decreti sicurezza erano editti, e si chiamavano “persecuzioni”. Quasi come oggi.

Mai evocare la storia, se non la conosci. Bacioni.

 
 
 
 
 

Erano cinesi i 39 trovati morti nel tir in Gran Bretagna. Un episodio analogo nel 2000

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Il tir nel quale sono stati trovati i cadaveri

Sono di nazionalità cinese le 39 vittime ritrovate ieri dalla polizia britannica a Grays, nell’Essex (sud dell’Inghilterra) all’interno del container frigorifero di un tir appena sbarcato nel Regno Unito. Lo riferisce la Bbc. Nel 2000, in un episodio analogo, erano stati rinvenuti a Dover i corpi di 58 migranti, pure cinesi.

Sandro Veronesi: "Il cancro mi ha insegnato che non sei immune da nulla. Vivere il dolore e l'infelicità è da eroi"

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Sandro Veronesi

 

Siamo nel quartiere Trieste, a Roma, il centro della nuova storia in cui Sandro Veronesi - scrittore tra i più amati e letti in Italia e non solo, già vincitore del Premio Strega per Caos Calmo, di due Campiello e di molti altri – ha deciso di ambientare il suo nuovo romanzo, Il colibrì, in libreria per La Nave di Teseo. In quel quartiere “che ha sempre oscillato tra l’eleganza e la decadenza, tra il lusso e la mediocrità, tra il privilegio e l’ordinarietà”, un uomo come tanti, il medico oculista Marco Carrera sta per ricevere una rivelazione durante la visita a un paziente. “Mi dica”, fa lui, subito incuriosito e preoccupato da quel momento sensazionale che va a disturbare la sua ordinarietà. “C’è un matrimonio di mezzo, cazzo, c’è una figlia!”. E il paziente, tale Daniele Corradori: “Mi dispiace dirglielo, ma il suo matrimonio è finito da un pezzo, dottor Carrera. E di figlio ce ne sarà un altro, tra poco, ma non sarà suo”.

Siamo all’inizio del romanzo. E lui, che tutti chiamano Colibrì, proprio come l’uccello sacro ai Maya, è sospeso tra coincidenze e perdite, gioia e dolore, nostalgia e futuro e il suo è un movimento continuo, incessante, per cercare di rimanere fermo, anche se a volte non è possibile, come nel suo caso. Veronesi ci getta in quel mondo che va dall’inizio del nuovo Millennio a un futuro prossimo come se fossimo in un mare aperto, dandoci solo una tavola di legno cui appoggiarci e la capacità di saper nuotare fino a riva, ma non è detto che sia quella la salvezza, perché può sempre arrivare un’onda anomala a risucchiarci e a rovinare ogni cosa. Leggere questo suo nuovo libro, oltre che emozionante, sarà terapeutico, un insegnamento a continuare, a infischiarsene dei sensi colpa, degli “ingombri” (che qui, come nella vita vera, sono molto pesanti), a trovare o ritrovare sé stessi. Un invito a vivere nonostante tutto, basta solo provarci. Tanto tempo è stato necessario per scriverlo ed è lui stesso a confermarcelo: 

“L’ho iniziato nel 2014, dopo qualche mese dalla pubblicazione di Terre rare. Mentre di Caos Calmo ho saputo dire quale è stato il momento in cui si è formata la prima idea generatrice, qui non lo so…può darsi che me lo portassi dietro da tanto tempo e in effetti ricordo che dei pezzi significativi - come il modellismo del padre del protagonista (che progetta un casa delle bambole sui generis, che tutti, anche i bambini avrebbero voluto avere, starà a voi scoprirlo, ndr) – siano stati con me da tempo. Ho sempre pensato che quello fosse un mestiere molto cinematografico e molto bello da descrivere: un ingegnere che non progetta, ma realizza i plastici dice molto del suo essere e della bellezza. È una cosa che avevo da sempre: non è generatrice, ma è accessoria. Quel vortice generatore non me lo ricordo. In ogni caso, ho preso il tempo di cui avevo bisogno, cinque anni anziché tre come si era stabilito, ma va bene così”. 

 

Mi dica di Marco Carrera: perché lui, così come tutti i protagonisti degli altri suoi libri, viene definito un eroe? 

 

“In effetti, anche dentro al romanzo stesso, sotto forma di accusa, rivolgendosi allo psicoanalista della sua innamorata, lui ammette di avere una visione eroica della vita. Gli eroi sono quelli si definiscono tali, che decidono di vivere da eroi, dopodiché il loro eroismo può anche consistere nel non fare male a nessuno, nel non fare niente. È l’atteggiamento nei confronti della vita che è eroico. Devo dire che è vero che i miei personaggi sono quasi tutti eroici nel loro atteggiamento, perché io per quattro, cinque romanzi, non ricordo bene adesso, ho messo l’esergo con la stessa frase di Samuel Beckett, “non posso continuare, continuerò”. È uno degli atteggiamenti possibili della vita come una delle derive patologiche nelle quali si può perdere l’individuo. C’è quello che ha una visione eroica della vita, quello che ha una visione vittimistica, quello che ce l’ha narcisistica. L’eroe è anche quello che racconta di esserlo senza compiere nessun atto di eroismo”. 

 

A proposito di frasi. “Preghiamo per lui e per tutte le navi in mare” la troviamo all’inizio e alla fine del libro: perché? 

 

“È una frase che mio padre diceva, perché a sua volta gli veniva detta da piccolo. Era un uomo che amava navigare, amava il mare. Per lui le navi in mare erano sacre, qualsiasi nave fosse bisognava considerarla come tale. In più, di questi tempi, considerando quello che viene fatto alle navi in mare, mi sembrava che ripescare questa cosa di mio padre e metterla all’inizio e alla fine in due circostanze diverse, ma poi fondamentalmente simili, due grandi urti emotivi, mi è piaciuto. Le navi in mare sono l’esempio di chi tra un minuto potrebbe essere in difficoltà, di avere bisogno di questa preghiera. Mio padre, da navigatore dilettante, non era un credente, ma quella era una frase che diceva. Forse, addirittura, l’ha detta una volta sola, ma mi è rimasta impressa”. 

 

Che famiglia ha avuto?

 

“Ho avuto una famiglia borghese, ma felice, una di quelle di cui c’è poco da raccontare stando alle regole dettate dal romanzo di Tolstoj. In effetti però sì, è da raccontare, perché quella felicità, la felicità del nucleo, dei genitori dei due figli che vanno al mare e al ristorante, è cosa rara. Siamo sempre stati una nube di felicità che si sposta nel mondo e sempre immuni dai disastri che ci capitavano intorno e che vedevamo. All’interno della nostra stessa famiglia c’erano litigi, c’erano rotture, ma tra noi no”. 

 

L’infelicità, che può arrivare sotto vari aspetti, può aiutare ad andare avanti?

 

“A me l’infelicità non me l’hanno trasmessa i miei genitori, me la sono fabbricata da solo. Quando è toccata a me che non ho fabbricato una famiglia felice, sono stato il primo ad essere investito di un’infelicità che poi ha riguardato tutti. Parlo solo della mia infelicità, perché ci sono poi altre forme d’infelicità. In tutto il romanzo cerco di sostenere l’idea che il dolore e l’infelicità sono vita, sono qualcosa che non va ributtata in mare come il pesce troppo piccolo, ma va tenuta, uno se la deve vivere”. 

 

Nel romanzo c’è dolore, ci sono le difficoltà, la solitudine e la morte, ma anche c’è molta vita. 

 

“Forse è questo l’eroismo di cui parliamo, perché oggi è un tempo in cui il dolore viene quasi criminalizzato, si deve per forza eliminare. Il dolore fisico lo dobbiamo eliminare con gli analgesici in tutti i modi possibili e con le sostanze cancellare anche il dolore morale che è diavolo, invece non è così. Il dolore perde e quando finisce è un sollievo tale che sfiora la felicità”. 

 

“Amarsi presuppone reciprocità”, scrive lei nel libro, ma non solo. Adesso che ha una nuova famiglia, è felice? 

 

“Sì, adesso, il secondo tentativo è andato meglio. È proprio come nel romanzo. Io questa felicità familiare del secondo matrimonio la vivo tutti i giorni. L’infelicità è ormai lontana nel tempo, anche i miei figlioli che sono cresciuti l’hanno superata, ma quella è sempre viva nel ricordo, perché è una cosa nella quale sono mancato. Ho cercato di dare ai miei figli la stessa felicità che avevo da piccolo, però non ci sono riuscito. A quel fallimento penso spesso, ma cerco di cavarne dell’energia, della forza e del carburante necessario per impegnarmi a non fare altrettanto in questo secondo tentativo”. 

 

La malattia cosa insegna? 

 

“A me ha insegnato che non sei immune da nulla, perché fino ad un certo punto ci si protegge dalle paranoie, dalle ansie e dalle angosce anche pensando che certe cose non ti capitano. Sono ragionamenti che si fanno tra sé e sé per allontanare quell’angoscia. Quando però ti capita, alla fine quello è il modo migliore per eliminare le angosce. Il modo migliore per eliminarle è avercela una malattia. Devi avere la fortuna, poi, di poterla raccontare e non si sa nemmeno quanto duri questa fortuna, però intanto la racconti e ti accorgi che tutto, male compreso, è a mezzo metro da te. Non ci si deve sorprendere quindi se accade qualcosa”. 

 

Il colibrì è un titolo che non ha scelto a caso…

 

“Sì, perché quello è un uccello quasi fantastico. È l’unico che può stare fermo in aria, ma addirittura volare all’indietro. A qualcosa gli servirà, perché non credo che gli uccelli facciamo solo spettacoli di arte varia. Probabilmente servirà a tutta la specie per sopravvivenza. È un punto di vista, quello del colibrì, che peraltro che tramite un articolo vero di Marco D’Eramo che cito nel libro, veniamo a sapere che è la forma di ricompensa massima per i morti dell’epoca azteca. Nella lorotradizione si riteneva che l’anima del guerriero morto in battaglia si trasformasse in colibrì. In quell’uccello c’è tutta un’idea di grazia, leggerezza e beatitudine totale. Il colibrì da’ anche l’idea della conservazione: conserva la posizione che è un mondo che attorno a Marco Carrera, il protagonista del mio romanzo, si può toccare. In effetti lui è un conservatore. Nella prima scena, l’unica cosa che si vede bene è la copertina di un disco del 1973 pur essendo la storia ambientata in quel momento nel 1999 con giradischi e amplificatori degli anni Settanta. È uno che conserva gli oggetti e il mondo così come è, una forma che il nostro tempo tende a sottovalutare mentre si cerca sempre a sopravvalutare l’impulso al cambiamento, alla novità e al progresso”. 

 

Veronesi è un conservatore o un progressista? Conosciamo già la risposta, ma ce la dica lei. 

 

“Io sono permeato da questa convinzione che sia meglio il cambiamento che la stasi, però stavolta ho voluto mettere come personaggio, come eroe, un conservatore vero, uno che prima di cambiare i valori, vuole essere sicuro che sia meglio. È difficile,  liberatorio e catartico, perché è vedere poi le cose con lo stesso rigore morale, perché non è che un conservatore sia moralmente inferiore. Alla fine quando e chi lo ha deciso che io sono progressista? Questa è per me come una casa che mi sono trovato ad abitare, però non mi dispiacerebbe affatto di essere un conservatore come Marco Carrera, anzi, non cambierebbe nulla. Quando ho scritto Il vangelo di Marco (nel 2015, ndr) e sono andato poi nei teatri a recitarlo, mi sono voluto interrogare sulla differenza tra me e un credente, visto che io continuavo a non essere un credente. Nel mio rapporto con la divinità, ovviamente, c’era tutta la differenza del mondo, perché se non ci fosse stata, io non la potevo fregare o non mi ci potevo raccomandare; nel mio rapporto con gli uomini, invece, non c’era e non c’è nessuna differenza tra me e un credente, perché io mi comporto esattamente come mi comporterei se fossi un credente, come si comportano i bravi cristiani. Io sono progressista perché l’ho deciso da ragazzo, ma Carrera, che è un uomo comune, non è un leader e “conserva”, a me non dispiace affatto”. 

 

Lei scrive da sempre, ma quando ha iniziato a farlo ? 

 

“È una passione cominciata molto presto. Il primo grazie lo devo dire ad un professore che credo si ancora vivo. Si chiamava Giovanni Goretti che ci fece leggere Dostoevskij a quattordici anni, in prima liceo, fuori programma, mettendolo però poi alle interrogazioni in cui chiedeva cosa avevamo letto e se avevamo capito I Fratelli Karamazov e altri suoi libri. Mi fece scoprire e conoscere l’impatto che può avere una grande narrativa su un ragazzo piccolo. Senza quell’urto, non sarei stato probabilmente così attratto, negli anni successivi, dalla lettura e dalla scrittura dei grandi scrittori. Poi, per emulazione, mi è venuta voglia di farlo. Ho incontrato persone che lo facevano, anche perché all’epoca vivevo a Prato ed erano pochi quelli che prendessero sul serio l’ipotesi di diventare scrittori. La prima persona che ho conosciuto e che non si vergognava di dire che avrebbe voluto fare lo scrittore, era più grande di me di tre anni: Edoardo Albinati. L’ho conosciuto al mare. Era uno degli amici del mare. Poi mi ha fatto conoscere altri come lui che non si vergognavano di dire quella frase: “voglio fare lo scrittore”. Erano Marco Lodoli, Valerio Magrelli e altri, gente che non stava millantando nulla a ventidue anni. Mi hanno dato molto coraggio, perché all’epoca c’era anche un ruolo sociale in chi voleva fare lo scrittore. C’era un posto nel mondo, anche se io pensavo che non ci fosse. Più tardi, ci sono stati Enzo Siciliano da una parte e Vincenzo Cerami dall’altra. Mi hanno aiutato in tanti modi, incontri importanti affinché prendessi fiducia come scrittore”. 

 

Lo scrittore può fare quello che vuole? Qual è il rischio?

 

“Il rischio è di restare impigliati in una velleità, in un rammarico perché non ce la fai…il rischio è alto. Non penso mai a come sarebbe andata se non ce l’avessi fatta, mentre a volte penso a come sarebbe stata se non fossi nato in una famiglia agiata, se avessi dovuto subito lavorare invece che studiare, perfettamente fuori dall’ambito borghese ed intellettuale”. 

 

Che lavoro avrebbe voluto fare?

 

“La risposta è sorprendente, ma veritiera. Avrei voluto fare il cameriere, perché mi piace servire. C’è una cosa molto nobile nel servire. Mi penso così. Non meccanico, ma quello”.

 

Lei ha vinto lo Strega, il Campiello e molti altri premi: che valore hanno?

 

“Hanno il valore di un riconoscimento che una certa giuria da’ al libro che hai scritto. Per me è prezioso ed importante, ma se ne fa anche a meno. Non ho mai pensato che i premi si possano perdere. I premi si possono solo vincere se te li danno. Se non te li danno, tu non vinci nulla, ma non perdi neanche qualcosa. Non è che scommetti e perdi come avviene nel gioco d’azzardo. Per alcuni sono inutili e sporchi. Nella mia esperienza, non sono stati né inutili – perché sono serviti a darmi fiducia – né sporchi, non mi risulta affatto. Certi premi aiutano sicuramente ad essere letto. Se qualche premio alza il numero di chi legge, è per me una caratteristica molto positiva”. 

 

Scrittore e ovviamente lettore: quando legge?

 

“Sono molto rapsodico, leggo a vampate, ci sono periodi in cui leggo cinque o sei libri, uno dopo l’altro, e passo le mattinate intere a leggere come a scrivere, perché quello è il momento più tranquillo. I bambini sono a scuola e non devo fare quasi niente se non leggere e scrivere. Leggere tutta la mattina per tre o quattro ore di seguito è davvero molto bello. Preferisco la mattina alla sera”. 

 

Si sa che lei scrive a porte aperte, anche con la famiglia attorno, perché non ha una stanza tutta per sé…

 

(ride, ndr) “Ora ce l’ho. Non è ancora finita, abbiamo fatto un cambiamento nella casa, avrò presto una stanza tutta per me, uno studio vero e proprio. Ho scritto sempre a porte aperte con i bambini, la vita di una casa e di chi la abita. Ora, al chiuso in quella stanza, sarà una bella sfida scrivere, quindi vediamo. Senza ci riuscivo, con è da vedere”. 

La copertina del nuovo Libro di Sandro Veronesi

È morta la nonna di 92 lasciata sola all'ospedale che il nipote non voleva più

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Dieci lunghi mesi trascorsi in ospedale, da sola, a 92 anni. Poi l’aggravarsi delle condizioni di salute e l’ultimo respiro, esalato in solitudine: la nonnina originaria di Monopoli (Bari) la cui storia, nelle scorse settimane, aveva fatto il giro del web non ce l’ha fatta ed è morta ieri. Accanto a lei non c’era nessuno: non il nipote e nemmeno altri famigliari che l’Asl, chiedendo aiuto alle forze dell’ordine, aveva provato a rintracciare. A riportare la notizia è Il Messaggero.

Ricoverata da mesi nel reparto di Lungodegenza dell’ex ospedale Ninetto Melli di San Pietro Vernotico per scompenso cardiaco. Le condizioni della 92enne, spirata ieri mattina, si erano aggravate qualche giorno fa, dopo che il figlio era stato richiamato dai sanitari che avevano dimesso l’anziana, ristabilitasi dall’ultima crisi cardiaca e dopo che il giudice aveva nominato un amministratore di sostegno per la vecchina.

Stando a quanto riferito dal personale della struttura sanitaria, la 92enne era ricoverata da dieci mesi e, nonostante fosse stata dimessa da tempo, nessun familiare si era fatto avanti per riportala a casa. Il 15 ottobre l’Asl di Brindisi, insieme alle forze dell’ordine, aveva rintracciato il nipote dell’anziana signora (adottato in tenerà età), che però aveva fatto sapere di non potersi occupare di lei.

Dopo il periodo riabilitativo nel reparto che funge da appendice all’ospedale di Brindisi, la signora era stata dimessa ma una nuova crisi aveva riattivato l’iter sanitario precedente, per cui la signora dopo essere stata nuovamente stabilizzata al Perrino era tornata a San Pietro. Fino allo scorso luglio quando la vecchina era stata dimessa senza mai lasciare quel letto di ospedale. Secondo il figlio, che aveva timore a gestire l’anziana da solo, la madre non poteva andare in una residenza sanitaria assistenziale e aveva preso tempo chiedendo le dimissioni protette; secondo i sanitari del Melli non poteva rimanere ricoverata nel reparto anche nel rispetto di regole dettate dall’Asl.

Così ha avuto inizio un braccio di ferro tra la struttura sanitaria e il figlio adottivo della donna: la scorsa settimana, i carabinieri sono intervenuti richiamando l’uomo alle sue responsabilità.

L’uomo ha poi spiegato di non aver mai abbandonato l’anziana madre, che per linea consanguinea era la zia dell’uomo adottato in tenera età, ma che si stava prodigando per trovare per la donna una sistemazione che fosse la più idonea possibile alle sue condizioni di salute [...]  L’uomo aveva anche spiegato di essersi trovato di fronte ad un sistema sanitario ingessato per la gestione delle persone molto anziane.

Intanto le condizioni di salute dell’anziana si sono aggravate, fino al decesso. E la vicenda non accenna a concludersi: il nipote adottato minaccia di prendere provvedimenti legali per essere stato additato nonostante, a sua detta, si sia occupato della cura di entrambi i genitori.

Trovano siringhe nel parco giochi dei bambini. Le maestre: "Basta, dateci l'area"

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È un bel parco. I genitori che abitano in quella zona di Pavia, in via Aselli, ci portano i bambini a giocare. Ma lì le maestre della scuola materna il Bruco continuano a trovare delle siringhe abbandonate. E per questo hanno deciso di intervenire: insieme ai residenti hanno chiesto di prendere in gestione il parchetto del quartiere. 

Come riporta il Corriere, ad accorgersi della presenza delle siringhe è stato un bambino. Le insegnanti stanno facendo giocare gli alunni all’aria aperta, quando uno di loro si è avvicinato tenendo in mano “uno strano pennarello”. Le maestre hanno subito avvertito le forze dell’ordine che si sono impegnate a ripulire l’area.

Rimane, però, il timore che il problema non sia risolto definitivamente. Per questo hanno deciso di far fronte comune con i residenti. Spiegano al Corriere:

“Intendiamo adottare questo piccolo spazio verde per tenerlo pulito e controllato. Siamo a ridosso della stazione, vogliamo evitare che si trasformi in terra di spaccio e sbandati”

Il primo incontro tra genitori, nonni e maestre si è già tenuto: è stata avanzata una proposta di “affido” dei giardinetti. Proposta che ora verrà esaminata dell’assessorato all’Ecologia e all’Ambiente del Comune di Pavia.

“Per questioni assicurative e di tutela, non stiamo portando i bambini al parco. Ma chiediamo di potercene prendere cura e continuare la nostra didattica all’aperto, con un progetto di cogestione di uno spazio così importante. Potremmo organizzare turni e il presidio dell’area. Con l’aiuto dei nonni, abbiamo pensato alla creazione di un orto di quartiere, così da allontanare le brutte frequentazioni”, spiega Alice Gabbrielli, titolare dell’asilo Il Bruco. 

 

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