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Terremoto in Calabria, epicentro in mare. Tanta paura, ma nessun danno

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Una scossa di terremoto di magnitudo 4.4 é stata registrata alle 6:31 nel Mare Tirreno, al largo di Scalea. L’epicentro é stato localizzato ad una profondità di 11 chilometri.

Secondo i primi accertamenti, non ci sono stati danni né a Scalea, nè nei centri del circondario, ma la scossa è stata chiaramente avvertita dalla popolazione che si è riversata in strada. Sono state molte le telefonate fatte per avere notizie ai vigili del fuoco dagli abitanti di Scalea e dei centri limitrofi allarmati per la scossa. Molte persone, in preda alla paura, hanno abbandonato le loro case, ritrovandosi in strada insieme a tanti altri.

“A seguito dell’evento sismico  - informa una nota  - la Sala Situazione Italia del Dipartimento della Protezione Civile si è messa in contatto con le strutture locali del Servizio nazionale della protezione civile. Dalle verifiche effettuate, l’evento - con epicentro localizzato nel mar Tirreno - risulta avvertito dalla popolazione, ma non sono stati segnalati danni a persone o cose”.


Alfonso Sacchi, padre del 24enne ucciso a Roma: "Luca era un pezzo di pane. Ora prendeteli"

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sacchi

“Non posso credere che Luca non ci sia più. I medici non ci avevano dato grosse speranze”. Alfonso Sacchi è il padre di Luca Sacchi, il 24enne ucciso a Roma da due rapinatori per aver reagito a uno scippo ai danni della sua ragazza, anche lei aggredita. “Non aveva neppure 25 anni, povero figlio mio. Ma perché gli hanno sparato? Ladri, farabutti, delinquenti. Me l’hanno ammazzato, me l’hanno ucciso sotto gli occhi della fidanzata”, racconta il padre a La Stampa.

 

 

Luca, racconta il padre, “voleva difendere la sua ragazza e poi forse ha reagito anche perché non sopportava le ingiustizie. Era un pezzo di pane, buono e generoso. Era molto forte, perché era un personal trainer ed era molto allenato, oltre che dalla palestra, anche dalle arti marziali in cui brillava. Luca era un ragazzo pacifico: nonostante fosse forte fisicamente non era il tipo da cercare guai. Anzi se ne teneva alla larga”.

Alfonso Sacchi continua affermando che solo per caso il suo secondo figlio Federico non ha assistito all’omicidio di Luca: 

Luca e Anastasia erano da poco usciti dal pub, mentre Federico era rimasto dentro. A un certo punto ha sentito un’esplosione. Mi ha raccontato che dal rumore si capiva chiaramente che era un colpo di pistola. Il proiettile, infatti, ha trapassato pure la vetrina del pub. Un po’ più in alto dell’altezza a uomo. Federico allora, insieme ad altri, è corso fuori e ha visto suo fratello in una pozza di sangue

“Mi auguro che lo prendano, l’assassinio di mio figlio. Ma Luca chi me lo ridà indietro?”, conclude Alfonso Sacchi. 

 

Occhionero per Renzi. New entry in Italia Viva

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Occhionero

New entry per Italia Viva alla Camera. La deputata Giuseppina Occhionero lascia Leu per aderire alla formazione politica di Matteo Renzi. “ho seguito i lavori della Leopolda e mi è piaciuto il progetto, è valido e guarda al futuro” dice in un’intervista al Foglio

Compagna di banco a Montecitorio di Pier Luigi Bersani, Occhionero viene dal Molise. “Mi convince il progetto, ma anche la squadra: giovane, dinamica, vivace, brillante”. Convinta anche dal ruolo chiave che viene promesso alle donne dentro Italia Viva. 

Quanto a Leu, che lascia, Occhionero dice che “il problema è che non si è trasformato in un soggetto politico e avendo più correnti al suo interno, è difficile raggiungere certi obiettivi. Se fosse diventato un partito ci sarei stata benissimo”.

"Mi sento impotente, vorrei abbracciarti". La maestra scrive alla mamma di Leonardo, morto cadendo dalle scale a scuola

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Le scale della scuola Pirelli

Nel giorno in cui si celebrano i funerali di Leonardo Acquaviva, il bambino di 5 anni precipitato dalle scale nella scuola Pirelli di Milano, una delle maestre ha deciso di inviare un messaggio alla madre. Per confortarla da lontano, per parlarle “da mamma a mamma”. La lettera è stata pubblicata dal Corriere

Inizia con una confessione che rievoca quel senso di responsabilità a cui ogni educatrice dovrebbe essere devota. Scrive l’insegnante Orsola: 

“Sono in treno, sto tornando a Salerno, dai miei parenti, in cerca di una pace che non troverò mai più. Da venerdì non faccio che pensare a voi, a te, da mamma a mamma. Ho 47 anni, da 24 faccio questo lavoro di maestra di sostegno, il più bello del mondo, con una responsabilità enorme di cui per la prima volta nella mia vita sento tutto il peso”. 

La maestra ha deciso di non partecipare al funerale che si terrà oggi, 25 ottobre, nella chiesa di San Giovanni Battista alla Bicocca. Orsola vuole salutare Leonardo da sola, guardando il mare. 

“Mi sento impotente. Vorrei poterti stringere la mano e abbracciarti per unirmi al tuo pianto. Vorrei poterti consolare e toccare il tuo cuore. Nessuno può immaginare quello che provi e tutte le parole non servirebbero. Domani (oggi per chi legge, ndr) non sarò in mezzo a tutta quella gente per salutare Leo. Lo farò davanti al mare, da sola. Piangendo, pensando a voi”.

Nella parte conclusiva della lettera Orsola offre il suo aiuto alla famiglia Acquaviva: 

“Se servirà, quando servirà, darò tutta me stessa per starvi vicini. Per quel che serve vorrei abbracciarti forte, da mamma a mamma. Per quel che serve vorrei prendere a calci questo destino che aveva in serbo una prova così difficile da superare. Pare inaccettabile. So che provi rabbia, so che da mamma al tuo posto la proverei anche io, ma con il cuore in tumulto vorrei dirti, con tutto il rispetto, la stima, il profondo cordoglio, che vi vogliamo bene”.

Petrolio e gas come tabacco

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Una ricerca commissionata da Greenpeace EU, Corporate Europe Observatory, Food & Water Europe,Friends of the Earth Europe rivela che, dal 2010 a oggi, le cinque più grandi compagnie del Pianeta che operano nel settore di petrolio e gas – BP, Chevron, ExxonMobil, Shell e Total - hanno speso almeno 251 milioni di euro per fare pressione sull’Unione europea, con l’intento di influenzare le politiche su clima ed energia.

Da quando nel 2014 il presidente Jean-Claude Juncker è entrato in carica, le associazioni che rappresentano queste multinazionali legate ai combustibili fossili hanno partecipato a 327 riunioni di alto livello con i massimi funzionari della Commissione europea, ovvero l’equivalente di una riunione a settimana. Dati ottenuti da quanto le stesse aziende hanno riportato nel registro per la trasparenza della lobby dell’Ue e dai calendari delle riunioni pubblicati dai commissari europei.

In questi anni il settore dei combustibili fossili è riuscito a ritardare, indebolire e sabotare l’azione dell’Unione europea sull’emergenza climatica, ridimensionando l’importanza degli obiettivi in fatto di energia rinnovabile, efficienza energetica e riduzione dei gas serra, e garantendosi al tempo stesso redditizi sussidi.

Questo sforzo di lobbying ha portato, nell’ultimo anno, a un utile di 82 miliardi di dollari per i cinque giganti del petrolio e del gas. Le stesse aziende sono state responsabili del 7,4 per cento delle emissioni globali di gas serra tra il 1988 e il 2015.

È tempo che le istituzioni comunitarie cambino rotta: non è più accettabile che le grandi compagnie di petrolio e gas continuino ad alimentare l’emergenza climatica in corso, in nome di profitti per pochi che hanno un prezzo altissimo per molti.

Milioni di persone chiedono politiche nuove, radicali ed efficaci contro la crisi climatica ed è tempo che la politica ne prenda atto. Per questo, insieme ad altre realtà della società civile, chiediamo alla nuova Commissione europea, ai deputati e ai governi di tenere gli interessi economici derivanti dai combustibili fossili fuori dalla politica, con restrizioni simili a quelle dei lobbisti dell’industria del tabacco.

Saluti romani anche a Glasgow: tifosi laziali in marcia nella città

Omicidio Luca Sacchi. Gabrielli: "Non è la storia di due poveri ragazzi scippati"

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Sono stati interrogati in Questura a Roma i due sospettati per la morte di Luca Sacchi, il 24enne ucciso due sere fa nel quartiere Colli Albani di Roma. Si tratta di Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, entrambi 21enni, residenti nel quartiere San Basilio. Nei loro confronti la procura di Roma ha emesso un decreto di fermo; gli agenti li hanno scortati nel carcere di Regina Coeli.

VIDEO - I due indagati vengono portati al carcere di Regina Coeli 

 

Secondo gli inquirenti, non si sarebbe trattato di una comune rapina, ma di uno scambio di droga finito male. Che dietro ci sia dell’altro lo ha detto chiaramente il capo della polizia Franco Gabrielli. “Gli accertamenti che l’autorità giudiziaria disvelerà quando riterrà opportuno non ci raccontano la storia di due poveri ragazzi scippati. Lo dico tenendo sempre ben presente, non vorrei essere equivocato su questo, che stiamo parlando della morte di un ragazzo di 24 anni”, ha detto il numero uno della polizia.

“Parliamo - ha sottolineato Gabrielli, a margine della cerimonia per i 70 anni della rivista Poliziamoderna - di una vicenda gravissima. È morto un ragazzo di 24 anni. Questo dovrebbe imporre ad ognuno di noi un atteggiamento di grande riflessione e rispetto”. “Sono soddisfatto - ha proseguito - della risposta delle forze di polizia, che hanno agito in maniera sinergica, senza gelosie. E non posso non notare, con un certo sollievo - ha sottolineato il capo della polizia - che questa vicenda, sotto il profilo dell’accertamento della verità, ha visto coinvolta la stessa famiglia di uno degli autori dell’efferato gesto”.

La fidanzata della vittima, Anastasia Kylemnyk, ha smentito ai microfoni del Tg1 che la droga c’entri qualcosa. “La droga? Non centra niente. Luca era lì per guardare il fratellino piccolo che si trovava nel pub”. “Luca non ha mai incontrato gli spacciatori - ha aggiunto Anastasia - Non ho visto e sentito nulla. Ho sentito solo la voce di un ragazzo romano e giovane. Mi ha detto ‘dammi sto zaino’. E Luca mi ha protetto come ha sempre fatto: l’ha messo a terra e forse per questo si sono spaventati”.

VIDEO - Gli investigatori: “Importanti indizi a loro carico”

 

 

I due sospettati non si sono affatto costituiti, come era emerso inizialmente.  “Non si sono assolutamente costituiti, sono stati raccolti elementi e poi sono stati catturati fuori dal domicilio, in luoghi dove si nascondevano: uno era in zona San Basilio, l’altro era in un residence, non è stato facile rintracciarlo. Hanno usufruito di legami familiari e conoscenze”, hanno detto il capo della Squadra Mobile di Roma Luigi Silipo e il colonnello Mario Conio, comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Roma.

È stata sequestrata la vettura che i due sospettati hanno utilizzato per fuggire dal locale in zona Appio dove avrebbero commesso l’omicidio di Luca Sacchi.

 

Secondo una prima ricostruzione Luca Sacchi e la ragazza volevano acquistare droga ma poi le cose sono degenerate fino al tragico epilogo. Dai primi accertamenti i due sospettati, notando che nello zainetto della donna c’erano parecchi soldi, si sono offerti di procurare lo stupefacente per poi ritornare armati di pistola e rapinare la ragazza. Alla reazione di Luca hanno poi sparato in testa al giovane.

Sarebbe stato un parente di una delle due persone ascoltate dagli investigatori, a raccontare alla polizia che un suo familiare aveva commesso qualcosa di poco lecito: “Ha fatto una cazzata”. L’imbeccata ha messo in contatto polizia e carabinieri che sono riusciti a rintracciare i due, che al momento si trovano in questura per rispondere alle domande degli investigatori di arma e polizia sulla morte di Luca Sacchi, ucciso con un colpo di pistola alla testa a Colli Albani.

“Temo sia stato mio figlio, forse è coinvolto nell’omicidio di Luca Sacchi”. Questo è quanto avrebbe detto la mamma del ragazzo sospettato di avere ucciso con un colpo di pistola Luca Sacchi, 24 anni, a Roma. La donna si è recata nella tarda serata di ieri in un commissariato accompagnata dall’altro figlio per comunicare i suoi sospetti. Da lì sono poi scattate le indagini dei carabinieri che con la polizia hanno poi bloccato i sospettati. A sparare sarebbe stato un incensurato, il complice avrebbe precedenti per droga.

 

Lavora sola per 20 anni alle Poste del paese e ruba 440mila euro ai clienti

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Un ufficio postale

Da vent’anni era l’unica dipendente nell’ufficio postale di un piccolo paese ligure nell’alta val Scrivia, a Vobbia (Genova). Quattrocento anime, un rapporto consolidato e una fiducia totale, a quanto pare mal riposta: dopo aver sottratto ai clienti 440mila euro in modo seriale in questi lustri, per usarli sembrerebbe al gioco d’azzardo, è stata arrestata dai carabinieri e si trova ora ai domiciliari. Patrizia Balbi, 58 anni, è accusata di peculato, falso ideologico e materiale in atto pubblico, autoriciclaggio e accesso abusivo a sistema informatico.

L’indagine è nata tra fine 2018 e inizio 2019 dopo le denunce di alcuni clienti che hanno notato ammanchi nei propri conti deposito alle Poste. Dagli accertamenti, portati avanti dai carabinieri insieme al personale antifrode di Poste Italiane, è emerso che la funzionaria, responsabile dell’ufficio postale e unica dipendente dello sportello, proprio grazie alla possibilità di operare in totale autonomia avrebbe truffato in modo seriale dal 2000 al novembre del 2018 almeno 19 clienti per un valore appunto di almeno 440 mila euro, anche se a causa della prescrizione decennale solo 220 mila contestabili.

La donna aveva adottato un ‘metodo’ ormai consolidato: creava dei falsi libretti di deposito cartacei, usando libretti in bianco originali che compilava con una stampante. Li consegnava quindi alle proprie vittime, aprendo in contemporanea veri libretti di deposito dematerializzati (online) da svuotare. Per anni le varie somme versate e le operazioni effettuate dagli ignari clienti sono state di volta in volta annotate dalla funzionaria su ciascun libretto (falso), in modo da fornire un’apparenza di normalità e di disponibilità del denaro. I soldi venivano invece sottratti dirottandoli su altri libretti, svuotati con prelievi diretti in nome e per conto della vittima di turno, con l’apertura di ulteriori libretti di risparmio dove faceva transitare le somme sottratte, o anche con vaglia postali a beneficio di altri soggetti estranei ai fatti, in un caso addirittura a favore di un morto.

La donna sconsigliava ovviamente i clienti di fare operazioni quando lei non c’era, e proprio durante un periodo di ferie uno dei truffati avrebbe scoperto un ammanco rivolgendosi al sostituto. Altre denunce sono arrivate dagli eredi di anziani con libretto postale aperto all’ufficio di Vobbia, che al momento di ritirare somme attese nell’ordine dei 50mila euro hanno trovato solo pochi centesimi.

Licenziata già a novembre da Poste, è stata arrestata ad Aosta, dove si era recata dal figlio. Parte dei soldi sottratti sarebbero stati spesi nei casinò di Valle d’Aosta e Francia. In almeno due occasioni, è emerso nelle indagini, la funzionaria si è assentata dal lavoro per andare al casinò. Oltre ai domiciliari il gip ha autorizzato il sequestro preventivo di due appartamenti e dei soldi sui conti a lei intestati


Giuseppe Conte palleggia con Brunello Cucinelli

Craxi vent'anni dopo

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Se un anniversario si perde nella nostalgia del passato, ricordare serve soltanto agli intimi. Siccome la storia del socialismo umanitario e di Craxi non è un albero secco, conviene celebrarla dal prossimo anno con la dignità che si deve a uno statista e a un movimento che ha reso l’Italia più civile e più libera.

Primo punto: che la cronaca non sommerga la storia. È quanto accaduto dal 1992 all’altro ieri, tutto fagocitato da Tangentopoli. Una fotografia terribile dell’Italia, resa ancora più tetra dalla serie televisiva con protagonista Stefano Accorsi, dove all’esaltazione dei rivoluzionari in toga corrisponde la colpevole cancellazione dei traguardi raggiunti, dell’Italia quinta potenza, del prestigio internazionale, dell’abbattimento della disoccupazione e dell’inflazione.

Chiedete a un trentenne. Sgranerà gli occhi se gli raccontate una storia diversa. E non si dica che i risultati dipendono dall’esplosione del debito pubblico. Rinvio agli studi del prof. Scalzini per smentire i giudizi di parte. Il debito pubblico crebbe in linea con la situazione precedente e in misura inferiore rispetto a quanto accadrà di li a pochi anni.

Attenzione. Non nego affatto la bontà di alcune indagini: la politica si finanziava anche con metodi illegali da condannare. È il clima che si respirava, la caccia ai partiti, la condanna senza esclusione di colpi della politica che, accanto a fenomeni di malaffare, hanno generato un’aria mefitica che a sua volta ha spalancato le porte, ben più che altrove, a partiti antisistema che si nutrono di un populismo radicale. Domando: l’Italia ha vissuto un venticinquennio felice?

Secondo punto: che si ricostruisca il pantheon della sinistra italiana con i fatti, non con le opinioni, perché il vero non soccomba alla partigianeria. Nel duello a sinistra, i socialisti hanno avuto ragione, i comunisti torto. Hanno avuto ragione sposando l’Europa e costruendo l’Unione Europea, hanno avuto ragione battendosi, spesso in compagnia dei soli radicali, per conquistare nuovi diritti civili (rileggersi le posizioni di Togliatti sul voto alle donne e dei vertici del PCI sul divorzio), hanno avuto ragione inaugurando la stagione di grandi riforme col centrosinistra, Craxi ebbe ragione non solo a Sigonella, la ebbe anche con il referendum sulla scala mobile (dunque ebbe torto Berlinguer) e lottando perché l’impero sovietico franasse.

Non tutti ricordano cosa fosse il PCI alla fine degli anni ’70. Merito del carisma di Berlinguer e di centinaia di amministratori locali che governavano da socialdemocratici. Resta il fatto che Berlinguer è l’estremo difensore della diversità comunista, così tanto da rilasciare un’intervista a Scalfari nella quale esalta il leninismo. I suoi successori sposeranno il tentativo di Gorbaciov di salvare l’impero proprio mentre Craxi riscopriva il socialismo liberale e fondava il Pse. 

Errori? Sì, nondimeno la cornice politica nella quale si muove il socialismo italiano è giusta: orizzonte europeo, scelta di libertà. 

Cosa resta per l’oggi? Sicuramente un metodo applicato grazie alla centralità della politica. Né la ricerca del paradiso terreno né un miserevole cabotaggio e nemmeno l’osceno ‘tutto e subito’ oggi di moda. Il riformismo è un metodo per ridurre le differenze sociali e premiare i più meritevoli raccontando ai cittadini la verità. Lo strumento è la politica, alta finanza e demagoghi gli avversari più pericolosi. 

Ci rivedremo fra cent’anni se questa banalità non verrà assunta presto da una sinistra nuova di zecca. 

La mamma di Lady Gaga: "Il bullismo devastò mia figlia: i suoi problemi mentali iniziarono da ragazzina"

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“Vi racconto i problemi di salute mentale di mia figlia”, così apre il suo cuore Cynthia Germanotta, madre di Lady Gaga. Se la pop star non ha mai celato le difficoltà, a dare testimonianza della sua storia e delle sue sofferenze davanti alle telecamere della Cbs giunge ora una delle persone a lei più care e vicine.

All’emittente americana, la signora Germanotta ha spiegato: “Non trattiamo la salute mentale come trattiamo la salute fisica così, quando è successo in casa nostra, non sapevamo cosa fare. Come genitore non ero pronta ad affrontare una cosa simile. Ho provato sensi di colpa perché non sapevo come aiutare mia figlia”.

Stefani Joanne Angelina Germanotta, questo il vero nome di Lady Gaga, durante l’adolescenza fu vittima di bullismo. ”È stata umiliata, derisa, isolata. E quando sei una giovane donna, questo ha un impatto devastante”, ha dichiarato la madre.

Il periodo più buio per Lady Gaga è arrivato con le scuole medie, come testimonia sua mamma: “Lì ho visto il suo cambiamento. È passata da essere felice e piena di ambizioni ad essere una ragazzina che metteva in discussione il suo valore, che aveva dubbi su se stessa”.

“A un certo punto non sapevo distinguere cosa fosse un comportamento normale di un’adolescente che stava cambiando e cosa, invece, rappresentasse un problema. Quello che mia figlia mi ha insegnato è saper ascoltare e dare valore ai sentimenti”, ha detto la madre della star della musica.

Nel 2019, la signora Germanotta è diventata Ambasciatrice dell’ONU per la salute mentale e, insieme alla figlia attraverso la Born this way Foundation fondata nel 2012, aiuta giovani in difficoltà e/o con problemi legati alla salute mentale. 

"Che noia senza Fedez! Anche Mara è spenta". I social rimpiangono il rapper a X Factor

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Una Malika non basta. Al debutto Live della nuova giuria di X Factor, dalle file social un solo grido si alza: Fedez ci manchi. Gli spettatori di Twitter hanno riversato in rete tutta la loro nostalgia per il giudice che negli ultimi 5 anni ha dominato la scena del bancone del talent. La nuova formazione sembra non reggere il ritmo e faticare a tenere viva l’atmosfera.

“A me a quel tavolo manca Fedez, con tutti i suoi paroloni, le frecciatine, le strategie, i pezzi assegnati sempre azzeccati, le battutine che (a volte) non facevano ridere e la sua cultura musicale”, scrive un utente. “Mancano Fedez e Manuel e, senza di loro, anche Mara è un po’ spenta”, aggiunge un altro.

A rendere ancora più difficile la situazione è stato l’ingresso come ospite di Mika, per due anni al fianco del rapper nel suo stesso ruolo: in assoluto la coppia più amata del talent. 

La stessa complicità non si respira con il sostituto Sfera Ebbasta. I due hanno un piccolo battibecco, dopo le critiche mosse dal cantautore libanese a una sua concorrente. “Sembra una vecchia, non in senso bello, vestita con questo abito da Sanremo di vent’anni fa”, dice Mika. Sfera replica piccato: “Tu critichi Giordana vestito così? Parliamo di musica dai”.

"Nessun reato di stalking e violenza da Bellomo". L'inchiesta di Milano è stata archiviata

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Francesco Bellomo

La “proposta” che l’ormai ex consigliere di Stato Francesco Bellomo faceva ad alcune sue studentesse “di diventare ‘Borsiste’ nasceva dall”immaginè esteriore delle ragazze e non dall’essersi distinte per conoscenze giuridiche”. Una richiesta certamente poco consona “ad un corso per la preparazione dell’esame di magistratura”, ma anche una circostanza che, assieme ad altre, come le “telefonate in tarda serata” o le “modalità di persuasione talvolta incalzanti”, non ha “rilievo penale”.


Con queste motivazioni il gip di Milano Guido Salvini, accogliendo la richiesta dei pm Cristian Barilli e Antonia Pavan, ha archiviato l’inchiesta a carico di Bellomo, difeso dall’avvocato Beniamino Migliucci e divenuto noto per il ‘dress code’ che imponeva alla sue ‘borsiste’ e che nel capoluogo lombardo era indagato per stalking e violenza privata su 4 studentesse della sede milanese della scuola di preparazione alla magistratura ‘Diritto e scienza’. A luglio era anche stato arrestato dal gip di Bari per maltrattamenti nei confronti di 4 giovani e nei mesi scorsi, però, il Riesame ha revocato i domiciliari e riqualificato le accuse.


Sebbene “molte delle richieste rivolte alle borsiste” non rispettassero “i normali caratteri di un rapporto di collaborazione accademica”, il gip, seguendo la linea dei pm, non ha ritenuto che fossero molestie e minacce. Tra l’altro, osserva il giudice, “l’attività svolta dal dr. Bellomo nella gestione della sua scuola ha avuto come conseguenza la massima sanzione, quella della destituzione da Consigliere di Stato”.


Con questo, però, “si esauriscono le conseguenze di un comportamento, pur certamente singolare perché, per quanto concerne almeno” all’indagine milanese “non si ravvisano condotte rilevanti sul piano penale”. Il gip, inoltre, fa presente che i “contatti” tra Bellomo e le studentesse (tutte hanno passato, poi, il concorso di magistratura) non sono stati “posti in essere in via unilaterale” dal magistrato, “ma si siano iscritti nell’ambito di una rete di scambi connotata da reciprocità”.
E’ “significativo”, si legge ancora nel decreto, che è stato “inviato avviso” alle 4 ex studentesse “della richiesta di archiviazione” e “nessuna di queste” ha presentato opposizione o o si è “presentata in udienza”. In più, “con nessuna delle corsiste milanesi” l’ex magistrato “risulta aver intrapreso qualche forma di relazione sentimentale”.

Per il giudice, poi, non ha rilievo il “timore, manifestato da alcune delle borsiste, legato alla possibilità di essere espulse dal corso di formazione con perdita della retta o di non superare il concorso in magistratura qualora si fossero rifiutate di aderire alle richieste”. Si tratta, spiega, di “uno stato soggettivo forse autoindotto, alimentato dall’autorevolezza dell’indagato, che non trova peraltro nel concreto comportamento di Bellomo alcun significativo fondamento”.


Oltre al “look vistoso e provocante” il “contratto” di Bellomo prevedeva anche “un dovere di collaborazione e fedeltà”, di “distacco rispetto ai ‘comuni allievi’ e di rispetto della propria immagine al fine di garantirne ‘l’armonia, l’eleganza e la superiore trasgressività‘”. Tuttavia, chiarisce il gip, la “sottoscrizione, pur nella sua ‘singolarità’, era rimessa alla libera volontà delle aspiranti, che in diversi casi si sono rifiutate di firmare per continuare a frequentare le lezioni nella veste di studentesse ordinarie”.

In fuga dall'Italia. Nel 2018 128mila expat, soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni

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Sono stati oltre 128 mila i cittadini italiani espatriati nel 2018. È quanto emerge dalla XIV edizione del Rapporto “Italiani nel mondo 2019” della Fondazione Migrantes, che viene presentato oggi. Da gennaio a dicembre 2018, spiega il Rapporto sulla base dei dati dell’Aire, il registro dell’anagrafe degli italiani all’estero, si sono iscritti 242.353 italiani di cui il 53,1% per espatrio, il 35,9% per nascita, il 6,8% per reiscrizione da irreperibilità, il 3,3% per acquisizione di cittadinanza e lo 0,9% circa per trasferimento dall’Aire di altro comune.

Da gennaio a dicembre 2018, quindi, hanno registrato la loro residenza fuori dei confini nazionali per espatrio 128.583 italiani (400 persone in più rispetto all’anno precedente). Si conferma la prevalenza degli uomini (oltre 71 mila, il 55,2%) sulle donne (oltre 57 mila, il 44,8%), ma questa differenza nell’ultimo anno si è leggermente accentuata. Si tratta soprattutto di celibi e nubili (64,0%) e, a distanza, di coniugati/e (30,3%). I maschi prevalgono in tutte le disaggregazioni dello stato civile ma soprattutto nelle unioni civili con il 68,9% e tranne nello stato di vedovanza dove le donne sono il 77,2%.

L’attuale mobilità italiana continua a interessare prevalentemente i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). In valore assoluto, quindi, chi è nel pieno della vita lavorativa e ha deciso, da gennaio a dicembre 2018, di mettere a frutto fuori dei confini nazionali la formazione e le competenze acquisite in Italia, raggiunge le 83.490 unità di cui il 55,1% maschi.

Il 71,2% degli iscritti all’Aire per solo espatrio da gennaio a dicembre 2018 è in Europa e il 21,5% in America (il 14,2% in America Latina). Ad uno sguardo più dettagliato, continua il Rapporto, sono ben 195 le destinazioni di tutti i continenti.

Torna il protagonismo del Regno Unito che, con oltre 20 mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Considerando però i numeri contraddittori sulla reale presenza di italiani sul suolo inglese si può pensare, si osserva, che molte di queste iscrizioni siano, probabilmente, delle “regolarizzazioni” di presenze già da tempo in essere, “emersioni” sollecitate dalla Brexit. Al secondo posto, con 18.385 connazionali, e nonostante il decremento di 1.622 unità rispetto all’anno precedente, vi è la Germania (-8,1%). A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663) la Svizzera (10.265), la Spagna (7.529).

Le partenze nell’ultimo anno hanno riguardato 107 province italiane. Le prime dieci, nell’ordine, sono: Roma, Milano, Napoli, Treviso, Brescia, Palermo, Vicenza, Catania, Bergamo e Cosenza. Con 22.803 partenze continua il solido “primato” della Lombardia, la regione da cui partono più italiani, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).

Il 2014 è stato l’ultimo anno che ha visto le partenze degli italiani essere inferiori alle 100 mila unità. Da allora l’aumento è stato continuo sino a superare le 128 mila partenze negli ultimi due anni con un aumento, quindi, del 36,0% rispetto al 2014.

Nel 2019 quasi 5,3 milioni di italiani residenti all’estero

Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l′8,8% è residente all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’Aire (l’Anagrafe italiani residenti all’estero) aggiornati all′1 gennaio 2019, sono 5.288.281. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del 70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Aire a quasi 5,3 milioni. Quasi la metà degli italiani iscritti all’Aire è originaria del Meridione d’Italia (48,9%, di cui il 32% Sud e il 16,9% Isole); il 35,5% proviene dal Nord Italia (il 18% dal Nord-Ovest e il 17,5% dal Nord-Est) e il 15,6% dal Centro.

Inesauribile impoverimento Meridione

Il rapporto si concentra poi sui flussi migratori dalle regioni del Sud a quelle del Nord, sottolineando come a spostarsi, nell’ultimo decennio, siano state soprattutto persone con un livello culturale medio-alto. “Cedendo risorse qualificate - spiega il Rapporto - il Mezzogiorno ha ridotto le proprie possibilità di sviluppo alimentando ulteriormente i differenziali economici con il Centro-Nord. Oltre alle migrazioni interne degli italiani nati all’estero nei Paesi tradizionalmente meta di emigrazioni degli italiani (paesi europei come la Germania, la Svizzera, Francia e Regno Unito e destinazioni oltreoceano come il Brasile, Venezuela,Argentina e Stati Uniti), non va trascurata la quota crescente di cittadini che hanno acquisito la cittadinanza italiana e che si spostano sul territorio italiano”. “I dati disponibili - aggiunge il dossier che ha rielaborato dati Istat e dell’Aire - non consentono di distinguere tra i nati all’estero quelli ‘nati con cittadinanza italiana’ dai ‘nati con cittadinanza straniera e poi naturalizzati’. Tuttavia, se si osservano i principali Paesi di nascita degli italiani che cambiano la residenza si può osservare che il numero di nati in Romania, Marocco, Albania e India cresce sensibilmente dal 2008 al 2017. In particolare, la Romania diventa il primo paese di nascita dei migranti interni nati all’estero”.

Uccisa da un'overdose di cocaina e lasciata morire sul pianerottolo dal pusher vicino di casa

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Viviane Teixeira De Oliveira

È morta per overdose. Abbandonata sul pianerottolo dallo stesso pusher che le aveva venduto la droga. Quel giorno la 43enne Viviane Teixeira De Oliveira aveva in circolo 14,66 microgrammi per millilitro di sangue. Per perdere la vita nel bastano solo 6. Come scrive il Corriere, a vendergli la droga è stato il suo vicino di casa, un 34enne ai domiciliari, che ieri è stato arrestato per morte in conseguenza da altro reato e spaccio di droga.

 Viviane Teixeira De Oliveira aveva 43 anni, tre figlie, un marito. Stava attraversando un periodo di depressione e tossicodipendenza. Abitava in uno stabile Aler  in via delle Ginestre 9 a Rozzano. A pochi metri da lei viveva il suo pusher, Carmine Scilimati, con cui aveva una relazione extraconiugale. Quel 2 gennaio, quando si è sentita male, era a casa sua.

Riporta il Corriere: 

“Quando si sente male, il 34enne chiama un amico al telefono: ‘Sta morendo, sta morendo! Cosa devo fare, dimmelo?‘. L’amico sente la donna che chiede aiuto e consiglia di chiamare il 118, ma Scilimati non lo fa temendo di essere arrestato. ‘È morta, è morta’, dice poco dopo”.

Aveva paura che le forze dell’ordine gli revocassero i domiciliari. Perciò abbandona Viviane sul pianerottolo e scappa. Quando torna a casa è la compagna del pusher a trovarla e a chiare i soccorsi. Scrive il Corriere: 

“Davanti ai carabinieri dice di non aver mai visto prima quella donna. Viviane aveva accanto due borse con alcuni vestiti, la borsetta e il cellulare. Addosso abiti che somigliavano a un pigiama. Sul corpo nessun segno di violenza, morte per overdose da cocaina”.

Il 34enne ora è stato arrestato: in base alle indagini eseguite dai carabinieri è stato lui a vendere la droga a Viviene. 


La storia dietro questa foto è un tributo agli infermieri di tutto il mondo

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Avete mai pensato a quante cose vedono gli infermieri ogni giorno? Sulla domanda si è soffermata la sorella di Caty, infermiera statunitense nel reparto di ostetricia. Una riflessione nata una sera di luglio, dopo aver asciugata le lacrime della sorella, al termine di una giornata lavorativa particolarmente dura. 

“Caty ha appena concluso il suo quarto turno di fila”, scrive Laura, “Sono oltre 53 ore di lavoro in 4 giorni. Senza contare l’ora e mezza di macchina per raggiungere l’ospedale. Di solito non ha il tempo neanche per pranzare. È così brava in quello che fa che spesso dimentica di prendersi cura di se stessa mentre si occupa dei suoi pazienti”.

Nell’immagine, Caty ha ancora indosso la divisa del lavoro. È in lacrime su una poltrona, mentre regge in mano un bicchiere d’acqua, sulle gambe un piatto con del cibo: “Questa foto l’ho scattata una notte, era venuta a casa mia dopo una giornata particolarmente dura. Aveva assistito il parto di un bimbo nato morto”. Da qui la domanda: “Avete mai pensato a quante cose assistono gli infermieri di ostetricia? Vedono la grande gioia quando nascono bambini sani. Vedono il panico e l’ansia quando una mamma ha paura. Vedono la pace quando una mamma ha il sostegno della famiglia. Vedono adolescenti partorire. Vedono arrivare le pompe funebri. Lo sapevate che devono prendere accordi con loro per chiedergli di venire a prendere un bimbo morto?“.

Il post si conclude con un elogio agli infermieri di tutto il mondo: “Siete speciali”. Un applauso condiviso dagli utenti dei social, che hanno battuto oltre 220mila like al post. 

Profumi d'autunno, show cooking e cantine aperte nella Sicilia orientale

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Assaggi, paesaggi e passaggi di mezzo autunno in terra siciliana. Col mare davanti agli occhi. Destinazione Taormina per un fine settimana ottobrino tutto da gustare fra appuntamenti eno-gastronomici, il sole ancora caldo e occasioni curiose per scoprire l’altra faccia di questa spicchio orientale dell’isola fuori stagione.

Dopo le giornate “didattiche” scorse fra il dire e il bere, apre al pubblico Taormina gourmet, che richiama in Sicilia centinaia di appassionati, impazienti di scoprire le eccellenze del gusto tipiche del Sud Italia e non solo. Da domani (26 ottobre) a lunedì torna la manifestazione enogastronomica - giunta alla sua VI edizione - organizzata da Cronache di Gusto in uno dei luoghi più affascinanti della Sicilia. Un’occasione ghiotta per visitare l’antica Tauromenion che col suo aspetto di borgo medievale, la sua antica anima greca, i colori e i profumi della vegetazione mediterranea e il clima mite la rende una meta ideale in ogni stagione.

Come accadde a Johann Wolfgang von Goethe, quando nel suo viaggio in Italia visitò il teatro greco (III a.C.), si resta affascinati davanti a quel simbolo della città immerso tra cipressi e piante di fichi d’india, con la cavea scavata nella roccia.

Il teatro ellenistico di Taormina è il primo must per chi visita la zona, trasformato in arena dai romani offre un panorama mozzafiato sul mare fino alle coste della Calabria, alla città di Siracusa e sull’Etna. Così come è immancabile la passeggiata lungo Corso Umberto I, la via principale della città fra granite, colori e negozi di artigianato che vendono di tutto dalle ceramiche ai gioielli, dall’abbigliamento ai souvenir.

Oppure ci si può addentrare nei pittoreschi vicoli e cortili della parte più vecchia di Taormina prima o dopo gli appuntamenti con Taormina gourmet. In programma cooking show, cene esclusive con chef stellati, degustazioni di vini (soprattutto i vini vulcanici dell’Etna, una vera rivelazione) e birre artigianali. Accanto alle cantine, infatti, sulla scia delle nuove tendenze sono molti i birrifici presenti quest’anno a Villa Diodoro, protagonisti del maxi banco di assaggio che si tiene domenica e lunedì con aziende, artigianali, nazionali e internazionali.

Siamo a pochi chilometri dalla patria dello zafferano più pregiato d’Italia che questa mese ha ospitato la lunga e odorosa Ottobrata zafferanese a Zafferana Etnea, sempre nella provincia di Catania. Domenica il gran finale della 61° edizione con degustazioni aperte, oltre allo zafferano, del meglio della gastronomia tipica siciliana: l’uva, il vino, la mostarda, il miele, le mele, la frutta di stagione (fichi d’India, melograni, noci, nocciole, castagne, pistacchi di Bronte etc.), i funghi porcini dell’Etna, l’olio, le olive e le conserve sott’olio. Piazza Umberto, come ogni anno, ospita numerosi banchi colorati di dolci tipici locali (gli sciatori, le zeppole, le paste di mandorla, le foglie da tè), liquori, torroni, frutta secca caramellata, i “mitici” gelati al pistacchio e molte altre bontà della Sicilia.

La Villa Comunale sotto la piazza, invece, profuma di salato fra salumi, formaggi tipici e conserve. Spazio anche ai prodotti artigianali: tutto il percorso che attraversa il centro storico è dedicato alle mostre degli antichi mestieri ormai in via di estinzione: scultori del legno e della pietra lavica, pittori di sponde di carretti siciliani, ricamatrici, lavoratori del ferro battuto, pupari. 

In questo mite autunno siciliano che guarda già al Natale merita la vista (e la visita) uno dei luoghi storici di Taormina, il Grand Hotel Timeo che invita fino a dicembre a vivere esperienze davvero particolari. Come quella di imparare a cucinare con le “mamme locali” ovvero scoprire la cucina siciliana più vera grazie alle cooking class tenute da un gruppo di signore di Motta Camastra (un piccolissimo paesino all’ingresso delle Gole dell’Alcantara) che hanno ideato e realizzato il progetto delle Mamme del Borgo: appassionate di cucina e desiderose di tramandare i segreti della loro tavola, hanno creato un itinerario di cucina diffusa in tutto il loro paese, aprendo le porte delle loro case a chiunque voglia gustare il cibo locale in buona compagnia.

Per quest’inverno alle porte, le Mamme del Borgo (molte sono anche nonne) in esclusiva per gli ospiti del Timeo insegneranno come si decorano e preparano i dolci per le feste. E ancora in tema natalizio l’hotel invita anche girare per presepi a bordo dell’Ape Calessino adornata di colori e luci del Natale: una slitta in chiave contemporanea che porta in giro per la città fino al borgo medievale di Castelmola per visitare i caratteristici presepi che ogni anno - a partire da dicembre - vengono allestiti con cura e dedizione dagli abitanti lungo le innumerevoli viuzze del borgo che ospitano le più svariate creazioni artistiche. Il percorso attraverso le rappresentazioni della natività è costellato anche di postazioni gastronomiche in cui è possibile degustare prodotti tipici natalizi.

Fra le altre iniziative dell’autunno proposte anche l’esperienza di uno spettacolo con i Pupi siciliani (con un laboratorio in albergo dedicato ai bambini per imparare a costruire marionette), simbolo dell’iconografia folkloristica siciliana e che raffigurano i grandi paladini del medioevo e fanno parte del teatro epico popolare.

Nasce così l’Opera dei Pupi durante le cui rappresentazioni il puparo riesce a dare pathos e ardore alle scene epiche rappresentate. E ancora il corso di decorazione su ceramica (su prenotazione all’interno del Belmond Grand Hotel Timeo) per scoprirne di più sulla storia millenaria delle ceramiche di Caltagirone, una lunga e nobile tradizione sopravvissuta nel tempo e che ha dato vita a creazioni pregiate e originali sotto il profilo estetico.

Teste di moro, personaggi della natività e tante altre opere d’arte artigianale che si è evoluta nel tempo come è dimostrato dal lavoro dell’artista siciliano Antonio Forlin che con i suoi oggetti “a-tipici siciliani” ha deciso di non seguire i decori tipici della tradizione isolana ma di reinterpretarli creando quel perfetto mix tra modernità e tradizioni. Gli ospiti possono dunque creare la propria maiolica moderna decorandola e portandola con sé come ricordo.

Per i palati più esigenti merita la sosta il ristorante Otto Geleng, con vista sui giardini spettacolari del Timeo, dove lo chef siciliano Roberto Toro propone ricette del territorio colorate e impreziosite dagli odori dell’orto biologico visibile nei giardini ma che partono sempre da materie prime locali. Da provare per il gusto sorprendente il tartufo dell’Etna che quest’anno è particolarmente buono per qualità e quantità (quotazione 2019: 320 euro al chilo circa) e profuma favolosi tagliolini tirati a mano, risotti, secondi carne, uova biologiche e altre preparazioni autunnali di Toro.     

In pochi lo sanno, ma la Sicilia è una delle quattordici regioni tartufigene d’Italia. E in particolare nei boschi dell’Etna, grazie alla mineralità della terra lavica, il tartufo nero o il bianchetto, solitamente meno pregiato e gustoso del bianco, ha un profumo e un sapore inebriante. Sorprendente. La prima notizia che abbiamo della presenza dei tartufi in Sicilia risale al 1863 quando Giuseppe Insegna trovò in un vaso del giardino botanico di Palermo contenente una pianta di quercia uno “scorzone”.

Infine, dopo l’ottima conclamata vendemmia 2019 il vino nuovo diventa protagonista, come da tradizione, a Cantine Aperte a San Martino, il 9 e 10 novembre prossimo, appuntamento autunnale promosso dal Movimento turismo del vino in tutta la penisola.

In Sicilia, terra sempre più vocata (e premiata) all’enologia si preannuncia un fine settimana vivace in ogni provincia. Qui nel catanese, fra Taormina e dintorni, gli eno-turisti appassionati possono degustare le etichette dell’ultima vendemmia abbinati ai prodotti di stagione ma provare in anteprima anche un filo gentile di olio extra vergine di prima spremitura sul pane bruscato. Le cantine siciliane (e i frantoi) aprono le loro porte e accolgono i visitatori tra degustazioni, pranzi con il vignaiolo e attività come lezioni di potatura, passeggiate nei vigneti, concorsi fotografici, corsi di cucina per bambini, castagne, musica, mostre d’arte. 

Come cambierà l’America se Trump sarà rieletto

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Al di là delle polemiche spicciole di una campagna elettorale di fatto già avviata da mesi, vi è un dato più importante che giunge dagli Stati Uniti indipendentemente dalle opinioni di ciascuno pro o contro Trump.

La sua presidenza sta mutando radicalmente il rapporto dell’America con il mondo. ‘America First’ non è solo uno slogan ma la sintesi di una dottrina che porta gli USA a un sempre minore impegno verso l’esterno. Lo abbiamo visto con la Siria e la Turchia, ma anche altrove. E se Trump verrà rieletto questa rivoluzione geopolitica cambierà il mondo per decenni, e diverrà probabilmente irreversibile.

In caso di rielezione del presidente Trump, assisteremo ancor più ad un’America che guarda solo ai suoi confini e ai suoi interessi primari, siano questi la sicurezza interna o la crescita dell’economia e dell’occupazione, e non più come in passato concentrata su teorie per l’esportazione di democrazia in Medio Oriente o in altre aree remote. Sempre meno interessata, quindi, a organizzazioni considerate obsolete come la NATO, e più disposta invece ad alleanze ‘à la carte’.

I due scenari possibili nel 2020, la rielezione o meno del presidente, lasciano aperte due visioni antinomiche e conflittuali della dottrina americana come mai era accaduto negli ultimi decenni.

Piaccia o no, un proseguimento del mandato permetterebbe a Trump di consolidare in modo pressoché strutturale il disimpegno verso l’esterno, anche dal punto di vista strategico e militare e quindi l’abbandono di ogni visione di potenza unipolare.

Un disimpegno di sistema di questa portata richiederebbe tempi molto lunghi per essere eventualmente rovesciato da un futuro presidente, e non è detto che con la velocità dell’evoluzione degli scenari questo sia possibile perché ogni spazio geopolitico abbandonato viene occupato da altri, un po’ come nella fisica.

Negli USA viene predisposto, nel 1998, il noto ‘Project For The New American Century’, il progetto per un nuovo secolo americano. L’ideologia nasce inizialmente sotto forma di un centro studi, che ha lo scopo dichiarato di una ‘leadership globale americana’. Negli anni il progetto riceverà critiche sia da democratici che repubblicani ma ancor più consensi, anche questi bipartisan.

Sul progetto convergeranno, con differenti approcci e declinazioni, importanti neocon come lo scomparso John McCain e liberal come Hillary Clinton. E non è un caso, durante le ultime elezioni presidenziali, che entrambi si siano trovati sulle medesime posizioni nell’avversare la corsa di Donald Trump in quanto non favorevole a sostenere la visione unipolare dell’impegno americano, mostrandosi invece per il disimpegno degli Stati Uniti da un nuovo ordine geopolitico globalizzato.

Make America Great Again” potrebbe erroneamente sembrare agli occhi di un analista esterno un impegno per proseguire nella visione geopolitica di un mondo unipolare a controllo americano. Come lo slogan per la campagna presidenziale del 2020, “Keep America Great”.

Ma la “grandezza” dell’America nella proiezione dello scenario strategico di Trump è intesa esattamente al contrario di quella del “secolo americano”. Non quindi l’abdicazione a proteggere l’economia americana dall’attacco manifatturiero e finanziario cinese, solo per utilizzare magari il gigante asiatico in una partita a scacchi ideologica di contenimento della Russia ad Oriente. Esercizi questi certo affascinanti dal punto di vista di una filosofia dell’ordine mondiale, ma di controverso interesse diretto per i cittadini americani.

La statistica gioca in questo momento a favore del presidente Trump. Si chiama “vantaggio dell’incumbent”. Non è accaduto quasi mai, se guardiamo ai 45 presidenti, che gli americani abbiano deciso di cambiare il “comandante in capo” al primo mandato.

In oltre mezzo secolo è accaduto solo due volte, ma per circostanze eccezionali. A Jimmy Carter essenzialmente per la tragica e catastrofica conclusione del rapimento degli ostaggi a Teheran sommata a un travolgente candidato come Ronald Reagan. E a George Bush senior solo perché un inaspettato outsider, il miliardario Ross Perot, decise di candidarsi come indipendente succhiando quasi il venti per cento dei voti conservatori.

Dal 3 novembre 2020, a urne chiuse non si conoscerà solo il nome del presidente americano ma si potrà comprendere l’indirizzo geopolitico e geostrategico a cui guarderanno gli Stati Uniti, e il mondo, per i prossimi decenni.

Vita, stelle e precipizi di una ragazza americana

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“Dio amava così tanto gli umili e i miti da infilare continuamente torce ardenti fra le loro chiappe e poi ascoltarli allegramente urlare, implorare, pregare, inveire o altrimenti tacere e tirare avanti”. 

Nativo di Cleveland, autore di diciotto libri, giornalista, Don Robertson (1929-1999) ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra i quali il Cleveland Arts Prize for Literature

Oltre a quattro suoi romanzi, l’editore romano Nutrimenti ha da poco pubblicato il suo inedito, “Julie”, scegliendo di non apporre modifiche al manoscritto originale e integrale. La prima riflessione che sorge spontanea, scorrendo questo libro, è che pochi scrittori uomini sono in grado di raccontare con altrettanta profondità e complessità l’esistenza difficile di una donna, perché questo di fatto è “Julie”: la storia di un’americana che ripercorre la propria biografia in prima persona, talvolta rivolgendosi al lettore come se questi fosse un suo confidente, spesso denudandosi senza il timore che cali su di lei l’ombra di un giudizio affrettato, senza risparmiare la dose di dolore che le è toccata, ma anche i desideri, le cadute, le timidezze.

Un’infanzia segnata da una madre alcolizzata in cui la figlia cerca disperatamente (e trova) una parte di dolcezza, da un padre che si è allontanato, fagocitato da una nuova compagna. Pian piano, grazie all’intermediazione di un estraneo, in Julie si consolida una forte passione per il pianoforte che l’avrebbe accompagnata per sempre. Creatura solitaria, da ragazza ha due sole amiche: una coetanea di colore che non esiste e una lucertola.

I capitoli, scanditi cronologicamente, ripercorrono anche la Storia nazionale (e mondiale) che va dagli anni Trenta ai Settanta, quella epocale della Seconda Guerra, del conflitto in Corea etc, sebbene si tratti di una Storia che non viene vissuta e cavalcata, ma soltanto respirata da chi deve invece combattere le proprie lotte esistenziali.

Vicende che non sempre sono a lieto fine, come accade col primo grande amore, a diciassette anni: un ragazzo di nome Morris. Poi ci sarà una relazione con un uomo sposato, relazione che prenderà una svolta inedita.

Seguiranno altri uomini, molti dimenticati, perché accolti per distrazione o per quella sorta di indifferenza che hanno le persone che si lasciano scivolare addosso gli eventi. Lucidissima, bella e splendente nonostante lei creda che i suoi piedi siano deformi, Julie si fa amare dal lettore perché è maledettamente pura nella sua dannazione. Sincera, persino simpatica, cinica. E dissacrante, al limite dell’ingiusto, anche con se stessa: 

“In ultima analisi, io non ero niente più che una piccola bugiarda del quartiere di Hough, una puttanella che in realtà, in una fase folle della propria vita aveva davvero creduto che un giorno avrebbe suonato il pianoforte in pubblico e si sarebbe ingraziata così tanto quel pubblico che, santo cielo, non avrebbe potuto fare altro che applaudirla”.

Marozzi cede a Flixbus: aumentano le corse per Roma e Napoli

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Marozzi Viaggi & Turismo, una delle prime aziende che in Puglia ha investito sul trasporto passeggeri su gomma, passa la copertura delle linee interregionali a Flixbus, azienda tedesca ormai presente in 29 Paesi europei e da un anno negli Stati Uniti. L’accordo commerciale tra il colosso tedesco e l’azienda pugliese è stato presentato oggi a Bari da Giuseppe Vinella, consigliere delegato della Viaggi & Turismo Marozzi, e da Andrea Incondi, managing director di Flixbus Italia.

“Oggi la famiglia comunica il disimpegno delle linee di lunga percorrenza nella regione Puglia - ha commentato Giuseppe Vinella -. Una scelta legata a esigenza del gruppo e a nuovi interessi. Siamo contenti di passare il martelletto al gruppo Flixbus che nella mobilità su gomma ha realizzato numeri spaventosamente interessanti”. Dal 1 dicembre, quindi, i collegamenti offerti oggi dalla società pugliese saranno garantiti da Flixbus che a oggi collega 50 città del Tacco d’Italia.

I biglietti sono già in vendita sul sito e sull’App della compagnia e chi ancora visiterà il sito della Marozzi sarà reindirizzato su Flixbus. Tra le novità, una maggiore frequenza tra i collegamenti tra Bari e Roma (13 al giorno), con Napoli (12 al giorno), e la possibilità di portare anche la bicicletta al seguito.

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